È bufera dopo la debacle diplomatica di giovedì scorso che ha visto la rielezione di Donad Tusk alla presidenza del Consiglio europeo. Varsavia aveva presentato invano a Bruxelles il suo candidato Jacek Saryusz Wolski.

Per giocare d’anticipo il governo della destra populista Diritto e giustizia (PiS) aveva spiegato le ragioni del suo «nie» a Tusk in una lettera della premier polacca Beata Szydlo agli altri paesi membri. Di mezzo c’è la guerra «polsko-polska» (conflitto ideologico ed istituzionale nella società polacca ndr) tra fautori e oppositori del PiS e un’inchiesta per cui Tusk, dopo la sua rielezione, è stato chiamato a testimoniare in patria: Tusk è stato convocato dalla magistratura polacca per rispondere dell’incidente aereo costato la vita al presidente Lech Kaczynski,

Non dovrebbe stupire che i leader Ue si siano rifiutati di offrire una ribalta europea alla questione polacca evitando di andarsi a invischiare nei giochi politici del PiS. A irritare la diplomazia europea è stato l’atteggiamento di Varsavia durante il vertice Ue. Una volta confermata la scelta di Tusk, Szydlo ha puntato i piedi minacciando di boicottare il summit. Decisa la reazione di Hollande: «È l’idea in sé di rimpiazzare una persona con un’altra ad essere contraria allo spirito del Consiglio europeo, e più in generale, ai valori dell’Ue».

Questa volta Varsavia non ha potuto contare nemmeno sul sostegno di Budapest. Il veto potenziale di Orban ha continuato fino ad ora a tenere il PiS al riparo dalle sanzioni Ue. Intanto in una notizia riportata dal giornale conservatore polacco Rzeczpospolita, Marine Le Pen si è dichiarata pronta a tendere la mano a Kaczynski e Orban nel processo di «smontaggio» del centralismo di Bruxelles nel caso in cui dovesse conquistare l’Eliseo.