Non c’è stata la marcia degli ottantamila ieri a Varsavia come nel 2019, ma la comunità Lgbt+ in Polonia resta più viva che mai, anche in tempo di Covid. Lo scorso anno la «marcia dell’uguaglianza» (marsz rownosci in polacco) era stata cancellata per l’emergenza sanitaria. Allora non erano permessi gli assembramenti di più di 5 persone. Anche se le misure restrittive non hanno scoraggiato nei mesi successivi le massicce proteste di piazza della società civile contro la bocciatura dell’aborto terapeutico, sancita da una sentenza del filo-governativo Tribunale costituzionale.
Quest’anno il corteo è parso giocoforza slabbrato nell’assetto, composto com’era da una serie di costellazioni arcobaleno in movimento – non troppo vicine tra loro – attraverso le strade roventi di Varsavia: attualmente in Polonia sono consentiti i raduni fino 150 persone, a condizione che tra di essi venga mantenuta una distanza di 100 metri.
Difficile ma non impossibile per la fondazione Parada rownosci, organizzare in queste condizioni una manifestazione. «L’afa ci ha sfiancato oggi ma siamo felici. Quest’anno la manifestazione si è svolta in sicurezza. Per fortuna le cose non sono andate a finire come due anni fa alle marce di Białystok e Płock. La polizia ha fatto un buon lavoro questa volta proteggendoci dai 6 contro-cortei organizzati dagli ultra-nazionalisti», racconta Julia Maciocha, numero uno della fondazione promotrice dei cortei arcobaleno nella capitale polacca e nelle altre città de paese. Se è vero che quest’anno i partecipanti non hanno potuto sfilare come un corpo unico, resta il fatto che il pride della capitale polacca ha dimostrato ancora una volta di essere un punto di riferimento per i diritti Lgbt+ nei paesi dell’Europa centrale. In questa parte del continente, non ci sono buone ragioni per abbassare la guardia.
In settimana il parlamento di Budapest aveva dato il via libera a un provvedimento che criminalizza la diffusione di materiale informativo sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere nelle scuole. La Polonia, dal canto suo, per la seconda volta consecutiva è il paese fanalino di coda nel rapporto annuale Ilga sulle condizioni di gay, lesbiche, bisessuali e transgender in Europa. Ma la questione non è nuova, la destra populista di Diritto e giustizia (Pis), da quasi 6 anni ininterrottamente al potere in Polonia, ha sempre provato a mettere i bastoni tra le ruote agli organizzatori della manifestazione varsaviana.
Nel biennio 2004-2005 Lech Kaczynski, scomparso nella catastrofe aerea di Smolensk, padre del Pis insieme al fratello Jarosław, vietò il corteo durante il suo incarico di sindaco a Varsavia. Ma quella era un’altra epoca. Allora la formazione dei Kaczynski era ancora convinta di poter conquistare le amministrazioni locali delle grandi città del paese.
Da un po’ di tempo a questa parte il primo cittadino della capitale polacca è Rafał Trzaskowski, autore di una dichiarazione in sostegno della comunità Lgbt+ che chiede tra le altre cose l’inserimento dell’educazione sessuale tra le materie scolastiche negli istituti cittadini.
Da buon anfitrione Trzaskowski ieri si è preso la scena all’inizio della manifestazione mettendosi in testa per un attimo al corteo partito alle tre di pomeriggio da piazza Defilad. «Zero spazio alle aggressioni in questo luogo in cui tutti sorridono. E qui che batte il cuore di una Polonia radiosa e aperta», ha dichiarato Trzaskowski, sconfitto di misura dal candidato del Pis, Andrzej Duda, alle presidenziali dello scorso luglio.
C’è anche chi non ha potuto partecipare come Jakub Gawron, autore di un «atlante dell’odio», una mappa che illustra la geografia delle iniziative omofobiche da parte delle amministrazioni locali in tutta la Polonia: «Mi mancano gli amici delle manifestazioni dei tempi andati. E da diverso che tempo che non ci ritroviamo», confessa con un pizzico di nostalgia l’attivista, vittima di diverse azioni legali intraprese dall’associazione teocon Ordo Iuris. Ogni anno sono in molti a lasciare un paese in cui alle minoranze sessuali non vengono garantiti neanche i diritti e le tutele più basilari. Appuntamento al prossimo anno ancora una volta a Varsavia, almeno si spera.