A partire dal mese prossimo i media, ma forse non tutti, potranno finalmente accedere alle «no entry zone» in territorio polacco al confine con Bielorussia per raccontare la crisi migratoria. Il provvedimento, approvato mercoledì in prima lettura al Sejm, la camera bassa del parlamento polacco, è stato sostenuto in blocco dalla coalizione guidata dalla destra populista di Diritto e giustizia (Pis). Si tratta dello stesso partito che alla fine di agosto era riuscito a imporre, e poi a prolungare di altri due mesi, lo «stato di emergenza» nelle località vicine al confine del voivodato della Podlachia e di quello di Lublino. Si tratta di una misura eccezionale e alla quale il potere era ricorso l’ultima volta nell’ormai lontano 1981 con l’introduzione della legge marziale. Sarebbe fuorviante fare paragoni con la Polonia della giunta militare del generale Jaruzelski ma è indubbio che lo stato di emergenza negli ultimi tempi abbia finito col limitare fortemente la libertà di espressione e il diritto di accesso all’informazione nel paese sulla Vistola. Ma questo provvedimento non va letto come il segnale di un’inversione di tendenza da parte del governo, tutt’altro.

La costituzione polacca prevede che lo stato di emergenza possa essere prorogato soltanto una volta. Ecco spiegato perché il partito fondato dai fratelli Kaczynski è dovuto correre ai ripari con una misura che presenta numerose insidie. Con questo disegno di legge, esaminato in aula e approvato in tempi da record questa settimana, addio alle zone con accesso vietato ai media e alle ong a 3 chilometri dalla frontiera. Tuttavia, ad avere l’ultima parola sulla decisione di autorizzare o meno l’ingresso dei giornalisti al confine, saranno presto i commissari locali della Straz Graniczna (Sg), la polizia di frontiera in Polonia.

Il provvedimento prevede anche la possibilità che il ministero dell’interno possa introdurre dei divieti temporanei di accesso subordinati al parere vincolante del Comandante della Sg. «Abbiamo bisogno di un sistema trasparente e di una procedura di accreditamento che possa garantire l’accesso ai media in tutta l’area della crisi», spiega invece Magdalena Biejat, deputata di «Lewica Razem» (Sinistra Insieme). Seconda la parlamentare polacca la decisione degli ultimi mesi di tenere alla larga i mezzi di informazione al confine ha condannato «i cittadini in Europa e nel resto del mondo a ricevere soltanto le notizie pre-approvate da Minsk».

Per la dirigenza del Pis la «minaccia dei migranti» è trattata alla stregua di una vera e propria guerra dell’informazione, o almeno tale è il messaggio che la maggioranza vuole trasmettere all’opinione pubblica: «Esistono esempi di falsificazione della realtà, di propaganda. Forse è un paragone drastico ma non dobbiamo dimenticarci il motivo per cui gli americani hanno perso la guerra del Vietnam», aveva dichiarato il premier polacco Mateusz Morawiecki la settimana scorsa in un intervento al Sejm.