Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta in arancione; Umbria, Trento e Bolzano in rosso scuro, cioè zone ad alta incidenza di contagi: è la mappa, aggiornata ieri, del Centro europeo per la prevenzione delle malattie. I nuovi casi di Coronavirus ieri in Italia sono stati 19.886, mai così tanti dal 9 gennaio, su 353.704 test. Il tasso di positività è salito al 5,6%. I decessi sono stati 308. I ricoveri in terapia intensiva sono stati 11 in più, 2.168 in totale; i ricoveri ordinari sono cresciuti di 40 unità, 18.257 in tutto; 375.718 i pazienti in isolamento domiciliare. La regione con il maggior numero di nuovi casi è stata la Lombardia (4.243, di cui 1.072 nel milanese e 973 nel bresciano) seguita da Campania (2.385), Emilia Romagna (2.090), Piemonte (1.454) e Toscana (1.374). A rischio zona arancione Piemonte, Lombardia, Lazio, Marche, Puglia e Basilicata.

IN BASE AI DATI AGENAS, sono salite a 8 le regioni che superano la soglia critica del 30% dei posti letto occupati in terapia intensiva: Abruzzo (37%), Friuli Venezia Giulia (33%), Lombardia (33%), Marche (36%), Molise (36%), Bolzano (35%), Trento (39%) e Umbria (57%). Per quanto riguarda invece i reparti di malattie infettive, medicina generale e pneumologia, la soglia critica del 40% viene superata da Marche (47%), Molise (43%), Bolzano (41%) e Umbria (54%). Il fisico Roberto Battiston dell’Università di Trento avverte: «L’indice Rt ha superato 1 a livello nazionale, passando da 0,91 a 1,02 in soli 4 giorni. Una velocità che non si vedeva da ottobre. Una crescita anomala trainata dalle province di Pescara, Chieti, Salerno, Imperia, Brescia, Ancona, Campobasso, Trento, Pistoia, Siena e Perugia. Sono necessari interventi tempestivi localizzati a livello di province».

A trainare l’accelerazione sono state le varianti. L’Iss, dopo la seconda ricerca rapida effettuare a febbraio, ha aggiornato i dati: «La variante inglese ha una trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti, con una grande incertezza statistica (tra il 18% e il 60%). La stima induce a considerare l’opportunità di più stringenti misure di controllo per il contenimento dei focolai». In Umbria, in particolare, su 176 campioni analizzati sono state individuati 95 casi di variante brasiliana, 52 di quella inglese. Inoltre, per la prima volta l’Iss ha individuato nelle acque di scarico di Perugia a febbraio le varianti inglese e brasiliana mentre a gennaio la variante spagnola negli impianti di Guardiagrele, in Abruzzo.

BOLOGNA PREOCCUPA: la regione oggi firma l’ordinanza che mettere l’intera area metropolitana in arancione scuro per 15 giorni, il provvedimento decorrerà da domani ma per le scuole (tranne infanzia e nidi) la didattica a distanza partirà invece da lunedì. «Il bolognese è nel pieno del terzo picco della pandemia. Come il circondario imolese, dove sono già in vigore restrizioni da arancio scuro» ha spiegato l’assessore regionale, Raffaele Donini. I nuovi casi a Bologna ieri sono stati 386: nella settimana dall’1 al 7 febbraio si sono registrati 200 casi per 100mila abitanti, saliti in quella successiva a 253 per arrivare a 340 casi ogni 100mila abitanti nella settimana dal 15 al 21 febbraio, con la variante inglese predominante.

Anche sul fronte delle strutture ospedaliere cresce la pressione: se l’11 febbraio erano 556 i pazienti ricoverati nella rete metropolitana, la settimana successiva sono passati a 646, per arrivare ieri a 754. I ristoratori bolognesi però non ci stanno e preparano un ricorso al Consiglio di Stato: «Se Bologna da arancione va verso l’arancione scuro, è chiaro che il problema non sono i ristoranti». Protesta oggi pomeriggi a Bologna, in piazza Maggiore, anche del movimento Priorità alla scuola. In Toscana, anche Pistoia e Siena in zona rossa.

LA FONDAZIONE GIMBE ieri ha diffuso il suo report: dopo 4 settimane di stabilità nel numero dei nuovi casi, nella scorsa settimana si è registrato «un incremento che, a livello nazionale, sfiora il 10%. Segno della rapida diffusione di varianti più contagiose. In 41 province l’incremento è superiore al 20%. Esigua la copertura vaccinale degli over 80: su oltre 4,4 milioni, solo 380 mila (8,6%) hanno ricevuto la prima dose e circa 127 mila (2,9%) anche la seconda.