Oltre 85 paesi hanno già appoggiato un’iniziativa legale promossa da Vanuatu, la nazione insulare del Pacifico ben nota sia per essere al primo posto mondiale nella classifica dei rischi climatici (World Risk Index 2021 dell’Università delle Nazioni unite), sia per l’impegno dei suoi leader – gli stessi che chiedono un vero e proprio Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili.

A nome delle comunità costiere e dei paesi più minacciati, una coalizione guidata da Vanuatu intende chiedere alla Corte internazionale di giustizia di chiarire in quali termini il diritto internazionale possa essere usato per rafforzare le azioni sul clima a protezione di popolazioni e ambiente.

L’IDEA dovrà essere sostenuta dall’Assemblea generale Onu, a metà dicembre; basta la maggioranza semplice, a norma dell’art. 96 della Carta Onu.

La Corte internazionale di giustizia si è già resa disponibile per un parere consultivo; naturalmente non sarebbe vincolante in nessuna giurisdizione, ma potrebbe essere alla base dei futuri negoziati sul clima, chiarendo quali obblighi finanziari abbiano i paesi nei confronti del cambiamento climatico e come le decisioni climatiche siano una questione di diritti umani.

«Siamo convinti che se si facesse chiarezza sugli obblighi legali esistenti per prevenire i danni e si comprendessero meglio le conseguenze legali per chi invece li permette, gli Stati farebbero un lavoro molto migliore», ha detto il ministro per l’adattamento al clima di Vanuatu Ralph Regenvanu.

E Nikenike Vurobaravu, presidente di Vanuatu, rivolgendosi ai delegati della Cop27 ha detto: «Da trent’anni il mondo ha iniziato a discutere di stabilizzazione dei gas serra. Chiaramente qualcosa non ha funzionato se le emissioni aumentano, la finanza climatica rimane del tutto inadeguata, la soglia degli 1,5°C sarà presto superata e ogni giorno tanti popoli del pianeta soffrono per l’ingiustizia climatica».

CHIEDENDO un voto positivo alla prossima Assemblea generale, il presidente ha ricordato che la richiesta proviene «dai nostri giovani che chiedono giustizia climatica fra i popoli ed equità intergenerazionale».

L’idea del ricorso alla Corte internazionale è nata da un gruppo di studenti di diritto delle isole del Pacifico. Approvata dalla Comunità dei paesi caraibici, è stata poi portata dal Pacifico alle Nazioni unite a New York e alla Cop27 a Sharm el-Sheikh.