Americani, bianchi, tra le figure di maggiore spicco dell’area dell’improvvisazione, il sassofonista Ken Vandermark e il trombettista Nate Wooley hanno collaborato ampiamente, anche in duo, e adesso sono assieme in Shelter, che si è ascoltato domenica a Bologna, al Teatro San Leonardo, nell’ambito delle attività di AngelicA: un quartetto con l’olandese Jasper Stadhouders, basso elettrico e chitarra, e l’australiano residente a Berlino Steve Heather, batteria. L’idioma più tipicamente improvvisativo è solo uno degli elementi che vengono combinati in brani strutturati ciascuno con una propria differente fisionomia. Soprattutto al tenore, che alterna col clarinetto, Vandermark può arrivare fino ad un parossismo iperenergetico, il sax e la tromba possono coalizzarsi spavaldamente (in un brano ci ricordano i bellicosi shellela etiopici) ma anche confluire in unisoni delicati, lirici. Wooley dispone di un sound limpidissimo, chiaro, da esecutore classico, ma, tra i più significativi innovatori sul suo strumento, anche di una virtuosistica tavolozza radicale fatta di vocalizzazioni, borborigmi, rumorismi. La batteria ad ogni pezzo ci mette qualcosa di diverso, magari uno spiritato ritmo rock-industriale. E vale la serata un’uscita in completa solitudine, non convenzionale, stralunata, fredda, post-punk, di Stadhouders alla chitarra. Gustosissimo Shelter, per la Audiographic Records di Vandermark, registrato a Berlino nel 2016, appena uscito.