Uno spazio per vivere in contiguità il rapporto tra performers e spettatori: è la Casa Degli Artisti di Milano, che ha accolto l’inaugurazione della stagione teatrale 2020 di Zona K. Performance scelta, Go Figure Out Yourself, autore il coreografo, regista, filmmaker belga Wim Vandekeybus. Energia, rapidità del movimento e abilità comunicativa distinguono da più di 30 anni Vandekeybus. Corpi che balzano a terra sfoderando rovesciamenti di prospettiva, inarcate all’indietro in volata sinuosa su collo e spalle, scivolate fulminanti mosse da impulsi che in un attimo riportano in posizione eretta. Il tutto intrecciato a monologhi e dialoghi focosi: un fluire tridimensionale che Vandekeybus ha rivelato negli anni anche nei suoi film girati dall’interno dello spazio performativo.

IN «GO FIGURE OUT YOURSELF», pezzo del 2018 (fu a Fabbrica Europa), pubblico e performers condividono gomito a gomito lo spazio. I danzatori sono cinque, parlano uno a uno, stregano il pubblico. Corrono, prendono per mano chi ci sta, creano gruppi a cui raccontano storie. La contiguità con il pubblico non scalfisce la loro danza formidabile. C’è chi fugge alle pareti e osserva, chi avanza e sta al gioco. Vandekeybus crea spazi con strisce di luce improvvisa, cambi repentini di musica, momenti collettivi che ribaltano di continuo la condivisione dello spazio. Siamo in linea con un tema in voga: l’audience engagement. Il pubblico deve partecipare fisicamente alla performance. Un danzatore chiama in causa il singolo dicendo: «forse è un cabaret di domande senza risposte, forse riguarda proprie te, forse troverai il tuo vero amore alla fine… », comunque sia, te la devi cavare da solo, questo è il nocciolo a cui si riferisce il titolo del pezzo. Tutto finisce in una simpatica disco collettiva, stretti uno accanto all’altro, performers e spettatori. Un divertissement ben congegnato, se pur altri titoli di Vandekeybus abbiano regalato in passato più dense riflessioni. Tuttavia in queste settimane milanesi di teatri chiusi, di isolamento forzato, quel pomeriggio alla Casa Degli Artisti, tutt’a un tratto diventa utopia. Qualcosa a cui augurarsi di ritornare presto.