Valvoline Story è la prima mostra che celebra il gruppo Valvoline, ovvero Igort, Lorenzo Mattotti, Daniele Brolli, Marcello Jori, Giorgio Carpinteri, Jerry Kramsky, a cui si unirono in seguito l’americano Charles Burns e Massimo Mattioli. Sono passati trentuno anni quando da Bologna lanciarono un nuovo modo di disegnare e rappresentare le avanguardie, sperimentando tecniche, linguaggi trasversali capaci di oltrepassare i confini dei generi letterari, artistici, culturali, oltre che geografici. Il loro fare fumetto dialogava con l’arte, la musica, la moda, l’architettura, il design, la grafica, il cinema, i graffiti, le arti visive e la pubblicità. Artisti capaci di creare una sintesi di tutto ciò che accadeva in quegli anni, e che insieme, ognuno con il suo tratto distintivo, sono stati in grado d’intercettare i cambiamenti, le novità, le trasformazioni politiche e sociali in divenire.

Nessuna operazione nostalgica, solo il meritato tributo a chi ha caratterizzato quell’epoca lasciando un segno, è il caso di dirlo, ancora incredibilmente attuale. Un collettivo che si è nutrito del fertile humus culturale e politico generatosi all’ombra delle due torri e fra le mura del Dams all’indomani del ’77 e del movimento studentesco. Era il gennaio 1983 quando dalle pagine della rivista mensile Alter, sotto la guida di Oreste Del Buono, apparvero le prime tavole a puntate. Lo stesso anno in cui Andrea Pazienza, altro illustre bolognese d’adozione, partecipa alla scuola di fumetto e arti grafiche Zio Feininger, fondata dal gruppo, tenendo un corso fino all’84. Il progetto Valvoline ha rotto gli schemi del fumetto classico aprendo la strada ad una dimensione pop. Svolta che fu colta anche da storici e critici d’arte contemporanea oltre che da Art Spiegelman che pubblicò negli Usa, sulla prestigiosa rivista Raw, le loro storie. L’esposizione conta più di centottanta tavole a fumetti originali, circa sessanta stampe, bozzetti, dipinti, disegni anche inediti oltre alle copie delle riviste, foto e memorabilia, materiale rarissimo da collezione.

Oltre a rendere omaggio alla stagione di Valvoline, l’esposizione, curata e allestita dalla casa editrice Coconino Press Fandango (che a breve pubblicherà il catalogo omonimo) con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, è un passaggio necessario e obbligato in una città dove il fumetto, l’illustrazione e le culture alternative ricoprono ancora un ruolo importante. Valvoline Story, in corso fino al 30 marzo nella sede della fondazione bancaria nel centro della città, è una riscoperta utile per tutti quelli che non hanno vissuto da vicino quella fortunata stagione. Anni determinanti e dove sono state gettate le basi per il rilancio ai nostri giorni dell’arte del fumetto e della graphic novel. Bologna è stata, ed è tuttora in un certo modo, crocevia di culture e sottoculture e sta rifiorendo anche grazie al lascito di quella lezione, come dimostrano il corso di laurea di fumetto istituito dall’Accademia di Belle Arti e il festival Bilbolbul che ha riportato attenzione su un genere rimasto ai margini per troppo tempo.

La mostra sembra così voler sottolineare il ruolo della creatività del territorio, raccontando quegli anni a matita usando il linguaggio dell’ironia comune a tutti i componenti del gruppo che, dopo solo tre anni effettivi di lavoro insieme, ha dato vita ad una ricca produzione. «La cultura di Bologna era diversa dalle altre città» ricorda Daniele Brolli, «era un volano di pensiero, si respirava una forte contaminazione fra cultura e politica. In quegli anni era come stare a Londra o Berlino» e, aggiunge Lorenzo Mattotti «abbiamo scelto il mezzo della sottocultura per fare cultura, è stato un momento di grande rivoluzione. La nostra forza è stata lavorare in totale libertà». Una fucina di menti artistiche che al termine di quella esperienza hanno preso strade molto diverse, ma in tutte è ancora ben presente il frutto di quel percorso.