“Restare fedeli allo spirito dell’11 gennaio”, alla forte partecipazione dei cittadini alla marcia repubblicana che ha fatto seguito all’assassinio di 17 persone in una settimana. Il primo ministro, Manuel Valls, in un lungo intervento all’Assemblea, con molta emozione, ha aperto una discussione politica in Francia per far fronte al rischio terrorista, inquadrando pero’ il senso delle decisioni che dovranno essere prese. La Francia non avrà un Patriot Act, come chiede la destra, è l’impegno di Valls, un crinale molto stretto con decisioni da prendere sotto la pressione dell’emozione, mentre è in corso nel paese un’operazione militare, con 10mila soldati impegnati sul territorio, a difesa dei luoghi di culto, delle scuole confessionali, perché i “rischi restano seri e molti alti” in Francia. Il paese “è in guerra contro il terrorismo e l’islam radicale – ha affermato Valls – ma non contro una religione”.

Gli interventi saranno legislativi, ma anche di società, con particolare attenzione alla scuola e alle carceri. Ci sarà una “fermezza implacabile, ma nel rispetto dello stato di diritto”, ha precisato Valls. Entro otto giorni, il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, dovrà proporre un quadro legale, modificando l’ultima legge anti-terrorismo approvata nel novembre scorso (la quindicesima dall’86), per permettere un maggiore controllo di Internet e delle reti sociali, dove molti giovani trovano la strada per arruolarsi nella jihad. Valls ha ribadito che questo sarà fatto “rispettando la protezione delle libertà individuali”. Gli jihadisti che tornano in Francia saranno sottoposti a controlli continui, dovranno comunicare la residenza. Verranno dati maggiori mezzi alla giustizia, anche a quella dei minori, per capire a far fronte ai processi di radicalizzazione. Chérif Kouachi e Amedy Coulibaly sono diventati estremisti in carcere, dove hanno cominciato a tessere le loro reti. Nelle carceri, sul modello dell’esperienza della prigione di Fresnes, verranno creati dei quartieri speciali per riunire i radicali, all’isolamento, diminuendo cosi’ i contatti con i delinquenti comuni. Ma i sindacati del personale carcerario e dei sociologi specialisti della questione hanno dei dubbi e temono la formazione di gruppi compatti, più difficili da affrontare, se contemporaneamente non verranno intraprese altre azioni per liberare queste persone dal controllo settario in cui sono caduti. Ci saranno interventi per rendere più trasparente l’arruolamento degli imam in carcere (un diritto per tutte le religioni). Riforme anche nei servizi di intelligence, per renderli più efficaci e per favorire una maggiore collaborazione interna, una delle falle che è venuta alla luce la scorsa settimana.

Valls ieri si è rivolto anche all’Europa, su due punti. Ha chiesto “solennemente” all’Europarlamento di sbloccare il progetto di direttiva Pnr (Passager Name Record), cioè l’obbligo per le compagnie aeree di trasmettere informazioni sui passeggeri (è un obbligo imposto dagli usa dopo l’11 settembre), che Francia e Gran Bretagna vorrebbero applicare anche in Europa. In Europa ci sono perplessità, i socialdemocratici chiedono maggiori garanzie (per esempio, dei limiti di tempo della conservazione dei dati e sulla “proporzionalità” della raccolta di informazioni). Un nuovo testo europeo dovrebbe essere redatto in questo senso. Una riunione dei ministri degli interni Ue, prevista per il 16 gennaio, è stata pero’ annullata: ci sono molte divergenze su questa misura. In più, la collaborazione tra i servizi di intelligence europei resta limitata, perché gli stati frenano di fronte al cedimento delle proprie prerogative. Una messa in guardia è venuta ieri anche da Bruxelles: secondo Gilles de Kechove, coordinatore dell’antiterrorismo Ue, “non possiamo prevenire nuovi attacchi, ma possiamo cercare di impedire che cio’ si produca senza entrare in una società totalitaria”. Valls ha anche chiesto ai suoi colleghi europei, che sono venuti numerosi alla marcia di Parigi, di fare seguire i fatti ai gesti simbolici. La Francia sostiene di combattere per la difesa dell’ “Europa e dei suoi interessi strategici” in Mali e in Centrafrica e quindi “la solidarietà europea deve essere in strada ma anche nei budget”, visto che Parigi è lasciata sola ad affrontare la spesa degli interventi militari.

Valls non ha parlato solo di nuova repressione, ma anche di interventi sociali. Ha denunciato con particolare emozione gli attacchi antisemiti, “senza gli ebrei la Francia non sarebbe più la Francia” (e ha spiegato la differenza tra la libertà di espressione di Charlie Hebdo e le derive di Dieudonné), ha ricordato anche che i musulmani sono vittime dei radicali. Per ristabilire il vivere assieme, bisogna ricominciare dalla scuola, ha detto Valls, con la trasmissione dei valori. “Laicità, laicità, laicità”, cioè la possibilità di credere o di non credere, ha ribadito Valls.

La giornata è cominciata alla Prefettura con l’omaggio di Hollande ai tre poliziotti assassinati. Ségolène Royal si è recata a Gerusalemme, alla cerimonia funebre delle quattro persone uccise all’HyperCacher. Rispondendo all’appello di Netanyahu che ha invitato gli ebrei francesi a trasferirsi in Israele, Royal ha affermato: “un colpo portato contro un ebreo è un colpo portato contro la Francia”. Oggi esce in edicola il numero dei “sopravvissuti” di Charlie Hebdo, tirato a 3 milioni di copie, il triplo del previsto.