Trionfa la Lega, risorge il Pd (unito a una più ampia lista di centrosinistra), affondano gli autonomisti, in particolare «l’imperatore», ovvero Augusto Rollandin, uomo forte della Valle d’Aosta fin dagli anni Ottanta definito dalla Commissione parlamentare antimafia «impresentabile». Il ruolo dell’ago della bilancia potrebbe, ma non è certo, toccare a Forza Italia e a Fratelli d’Italia, che divisi dai cugini salviniani potrebbero soccorrere quest’ultimi.

Questo è il quadro delle elezioni regionali valdostane definito dagli exit poll elaborati dal consorzio Opinio Italia per la Rai. Si tratta di dati da prendere con le pinze e la dovuta cautela ancor più che in altri casi, perché il sistema elettorale qui è diverso rispetto alle altre Regioni: vengono, infatti, eletti 35 consiglieri con un sistema proporzionale a turno unico; il presidente viene, poi, deciso successivamente con una votazione interna al Consiglio, bastano la metà dei voti più uno per risultare eletti.

In base agli exit poll, la Lega si assesterebbe tra il 20 e il 24%, Progetto civico progressista (la lista che comprende il Pd e pezzi di sinistra) è tra il 13 e il 17%. L’Union Valdôtaine, il partito autonomista che ha fatto per decenni il bello e il cattivo tempo, viene data in calo tra l’11 e 15% (nel 2018 l’Uv fu prima con il 19,2%). Il centrodestra di Forza Italia e Meloni si collocherebbe tra l’8 e il 10%. Vallée d’Aoste Unie sta, invece, tra il 7,5 e il 9,5%; Alliance Valdôtaine tra il 7 e il 9%.

Secondo gli exit poll sono a rischio quorum tutte le altre liste. Esiste, infatti, una complessa soglia di sbarramento ipotizzata, ieri, in base all’affluenza intorno ai 4mila voti. Starebbero fuori dal Consiglio regionale sia il Movimento 5 Stelle che Pour l’Autonomie, dati tra il 4 e il 6 %. La seconda lista è quella di Augusto Rollandin, fuoriuscito dall’Union Valdôtaine e più volte presidente della Valle d’Aosta, già senatore della Repubblica: candidabile ma non eleggibile fino a novembre, in base agli effetti della Legge Severino, che scadranno a novembre, in quanto condannato in primo grado a quattro anni per corruzione. Atteso come deus ex machina, «l’imperatore» (il suo radicato soprannome) rischierebbe, invece, una clamorosa esclusione. Lo scrutinio inizierà questa mattina e chissà se gli exit poll verranno sconfessati. In Valle d’Aosta, è risaputo, si gioca sul filo di lana.

È difficile ipotizzare maggioranze possibili, ma se venissero confermate le percentuali sarebbero in campo due soluzioni: un centrodestra a trazione leghista, con berlusconiani e Fdi e la salviniana Nicoletta Spelgatti presidente per la seconda volta (la prima non andò bene, la sua maggioranza durò pochi mesi) oppure un centrosinistra alleato alla galassia autonomista (Valle’e d’Aoste Unie e Alliance Valdotaine, nonché la stessa Union Valdôtaine). Quindi, a rivestire il ruolo di ago della bilancia potrebbero essere molteplici attori. Matteo Salvini vorrebbe, però, concludere in fretta: «Col proporzionale, come in Valle d’Aosta, ti devi mettere al tavolo per eleggere la giunta e perdi del gran tempo». Non è detto che gli vada bene.

In mezzo a tante suggestioni e ipotesi (magari avventate), c’è un dato certo: quello dell’alta affluenza. Le previsioni della vigilia sono state smentite. Né la paura del Coronavirus né il disinnamoramento nei confronti di una politica senza più credibilità hanno inciso più di tanto. Solo per le elezioni regionali, l’affluenza, rispetto al 2018, aumenta di ben cinque punti percentuali. 70,51% contro il 65,13% del maggio 2018.