Dopo nove giorni di fiamme il rogo della val Susa ieri appariva più contenuto. Domenica notte le ultime folate di vento avevano rinvigorito le fiamme nella zona di Novalesa, ad ovest di Susa, distante circa 15 chilometri da luogo dei primi focolai. Un immenso lariceto è stato l’ultima vittima di una concatenazione di siccità, raffiche di vento ed evidente debolezza di mezzi utilizzati per contrastare l’emergenza.
A fiamme quasi domate – ma il sottobosco continua ad ardere come un braciere – si può individuare la logica degli interventi di queste due settimane. Danni a persone non ve ne sono stati, così come alle cose: se si esclude l’evacuazione di una casa di riposo e la distruzione di un paio di alpeggi, si può dire che di fronte all’enormità dell’evento – senza precedenti storici recenti – le perdite sono state contenute. D’altro canto è visibile ad occhio nudo la devastazione delle fiamme che hanno divorato circa duemila ettari di bosco, l’intero fronte della val Susa compreso tra Bussoleno e Novalesa.

Apparentemente si è deciso concentrare tutti gli sforzi intorno ai paesi direttamente minacciati, lasciando che l’incendio si sfogasse nei boschi per nove giorni.La svolta è arrivata domenica, quando sotto una pesante pressione popolare e mediatica, si sono trovate le forze aggiuntive per affrontare le fiamme anche in campo aperto. L’arrivo di due aerei cisterna che hanno inondato d’acqua le ultime vampate ha di fatto posto un freno alla perdurante propagazione dell’incendio.

I danni, in ogni caso, sono massicci: non solo sul territorio ma ovunque l’enorme nube carica di veleni abbia portato i suoi veleni. Inoltre la popolazione della val Susa esce psicologicamente malconcia da questa prova: la percezione di essere un territorio marginale, visto prettamente come un «corridoio» ha trovato ulteriore conferma.
Sull’origine del vasto incendio è intervenuto il ministro dell’interno Marco Minniti: «Non abbiamo trovato dispositivi consumati ma abbiamo trovato tracce di dispositivi pronti ad agire. Questa è la prova che ci sono state attività di carattere doloso. Esercito e forze dell’ordine sono al lavoro per monitorare che non vi siano altri fronti che possono aprirsi se cambiano le condizioni climatiche. Sappiamo che in queste situazione il dolo non è l’unico fattore ma può essere determinante».

Il ministro si è recato a Torino per un vertice post incendio, a cui erano presenti il capo della protezione civile Angelo Borrelli, il capo dipartimento di vigili del fuoco, i responsabili degli volontari, il prefetto di Torino Renato Saccone è il questore Angelo Sanna, il presidente della Regione Sergio Chiamparino e la sindaca della Città metropolitana Chiara Appendino. Al termine dell’incontro sono state rese note le caratteristiche dell’intervento: 153 vigili del fuoco in campo, 600 volontari, 200 mezzi di terra, 4 canadair e 11 elicotteri.

La situazione di calma in essere, che fa già parlare molti di emergenza superata, in realtà è uguale a quanto accaduto domenica scorsa, quando l’originario incendio sopra Bussoleno appariva domato. Mezza giornata di raffiche di vento Foehn hanno riattizzato l’intera valle come un tizzone ardente gettato tra le fascine.
Lasciata Torino Minniti si è recato a Varese, dove ancora sono presenti incendi. Il ministro ha sostanzialmente ripetuto l’analisi inerente la val Susa circa l’origine «probabilmente dolosa» degli incendi.