Raccomandare o costringere? E’ il dilemma su un nuovo delicato conflitto bioetico tra chi vorrebbe raccomandare l’uso dei vaccini (Lombardia, Veneto) e chi vorrebbe renderlo coercitivo (Ministero, Emilia Romagna, Toscana, Iss, Fnomceo).

Come altri dello stesso genere (eutanasia, ivg, tso,) questo conflitto non è per niente isolabile da questioni sociali e etiche più complesse e meno che mai è riducibile ad una utilità solo sanitaria.

Tanto i persuasori che i costrittori considerano i vaccini come fondamentali per prevenire le malattie ma nel primo caso vi sono più razionalità (giuridiche, sociali, culturali, etiche e politiche) che si sforzano di coesistere, nel secondo vi è una sola razionalità con l’ambizione di prevalere su tutte le altre quella epidemiologica-sanitaria.

Per i primi la maggior parte dei vaccini sono “trattamenti sanitari volontari”, per i secondi tutti i vaccini sono dei “trattamenti obbligatori” che accompagnati da pesanti sanzioni diventano coercitivi per i quali però serve una riserva di legge, cioè una deroga all’art 32.I vaccini per costoro diventano trattamenti sanitari obbligatori, (Tso).

La Costituzione infatti prevede la volontarietà implicita dei trattamenti sanitari, riservando l’obbligatorietà solo nei casi determinati dalla legge (oggi già 4 vaccini sono obbligatori tutti gli altri sono raccomandati) che a sua volta però deve rispettare certi presupposti e certi limiti come quello di non arrecare nocumento alla salute della persona.

Quindi raccomandare o costringere? A giudicare dalle posizioni in campo la tentazione dei più è quella di passare dalla raccomandazione, come è stato fino ad ora (piani nazionali vaccini, legislazione nazionale e regionale) alla obbligazione che essendo correlata da pesanti sanzioni (esclusioni sociali, accesso precluso alla scuola, e in certi casi perdita della patria potestà per i genitori inosservanti) diventa quasi coercizione. O

Orientamento condiviso, sembra, anche dal ministero della salute che ha redatto un piano vaccini 2017/2019, dall’Iss ma anche dalla Fnomceo la federazione degli ordini dei medici.

Il ricorso alla coercizione sarebbe giustificato dall’abbassamento, che si è registrato in questi anni, della copertura vaccinale a scala di popolazione una sorta di crisi della profilassi che inspiegabilmente vede molte persone rifiutare i vaccini (anche quelli già obbligatori) rischiando quindi di ammalarsi inutilmente e di far ammalare gli altri.

Ma quella che sembra gratuita irresponsabilità o peggio irrazionalità è qualcosa di molto più complesso. Dietro a queste cose vi sono questioni le più diverse: una società dominata dall’individualismo e da etiche deboli, il disincanto delle persone nei confronti della medicina, la compresenza di più culture di cura in conflitto tra loro, la crescente sfiducia dei cittadini nei confronti dei medici, forme anche discutibili di obiezione di coscienza dei cittadini nei confronti dei vaccini ,favole metropolitane come quella dell’autismo ecc.

Nei confronti di tale complessità la strada della coercizione quindi la rinuncia pesante ai valori della libertà personale è una strada pericolosa ma anche quella della raccomandazioni o delle semplici obbligazioni oggi appare una risposta debole. Se la copertura vaccinale cala vuol dire che gli argomenti dei persuasori non funzionano più e che quindi vanno ripensati nei modi e nei contenuti.

Per me si tratta di uscire dalla contrapposizione tra raccomandazioni e coercizione e ricercare una soluzione di altro tipo che non ricada sulla coercizione giuridica ma costruisca in modo consensuale una obbligazione morale basata interamente sull’autonomia della persona. Nel senso che diceva Kant e che Judith Butler chiamerebbe libera obbligazione morale. Liberamente assunta dall’individuo che verterebbe intorno alla nozione di “promessa” (come la chiama Butler) e che io chiamo “dovere alla salute” cioè un impegno di salute per esempio dei genitori nei confronti del figlio il quale tacitamente si aspetta che sia realizzato.

Il fondamento di un dovere del genere non può essere una norma coercitiva ma un programma formativo. La risposta tecnica classica è educazione sanitaria, informazione, raccomandazioni, ma non basta. Ci vuole anche qualcosa che assomigli a quello che Althussér chiamava “l ‘interpellanza sociale”. Ma chi dovrebbe interpellare le persone sui nuovi doveri alla salute? Naturalmente i medici, attraverso tanti strumenti diversificati (scuola, enti locali, associazioni sociali, comunità, i servizi sanitari ecc). Ma per questo serve una nuova relazione tra medicina e società, tra diritti e doveri che ora non c’è.

Purtroppo la Fnomceo non la pensa così dal momento che ha deciso di collocarsi tra i costrittori nascondendo così dietro gli obblighi per gli altri le sue difficoltà culturali e la propria inettitudine verso il cambiamento. La sfiducia nei confronti dei medici prima che dai cittadini obiettori verso i vaccini, viene dallo Stato che li considera inaffidabili a tal punto da minare la loro autonomia professionale imponendo linee guida, protocolli, procedure. Ma gli obblighi imposti dallo Stato ai medici per ragioni economicistiche e gli obblighi imposti dai medici ai cittadini per ragioni scientistiche sono le due facce dello stesso autoritarismo per cui resto convinto che il nodo politico della libera obbligazione morale, cioè dei doveri alla salute , sia comune tanto ai medici che ai cittadini.