Mentre una buona fetta del mondo è esclusa dal vaccino, i paesi ricchi ne hanno così tante da farne scadere. È quanto rivela un’inchiesta del Washington Post pubblicata il 15 agosto. Una contabilità esatta a livello globale non esiste, ma la rassegna degli episodi di dosi di vaccino smaltite perché scadute segnala un fenomeno piuttosto diffuso. Il Post scrive che in Olanda, dove oltre la metà della popolazione è vaccinata, ci sarebbero circa 200 mila dosi del vaccino AstraZeneca di prossima scadenza. Israele, il paese più avanto di tutti con le vaccinazioni, nonostante abbia già iniziato a somministrare la terza dose ha buttato 80 mila dosi Pfizer alla fine di luglio. 73 mila dosi sono state lasciate scadere dalla Polonia. Lo stato americano del North Caroline ne ha 800 mila di prossimo smaltimento.

IL FENOMENO RIGUARDA soprattutto le dosi di vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson. I casi di trombosi legati al vaccino hanno indotto molti governi a limitarne l’uso e a sostituirne la seconda dose con un altro vaccino. Oltre alle nuove indicazioni, hanno pesato anche le diffidenze dei cittadini. In molti Paesi, Italia compresa, anche chi avrebbe potuto ricevere una dose del vaccino inglese ha preferito in maggioranza chiedere una vaccinazione con un altro prodotto ritenuto più sicuro.

Le dosi in scadenza non possono essere facilmente donate o rivendute nei paesi in cui le dosi scarseggiano, perché questi raramente hanno le strutture adatte per conservare e somministrarle rapidamente. I vaccini anti-Covid, infatti, vanno conservati a temperature refrigerate. È un problema logistico notevole per paesi in cui non sempre è disponibile energia elettrica con continuità in ogni regione. È successo così che paesi assetati di vaccini, come Sud Sudan e Malawi, in aprile siano stati costretti a smaltire rispettivamente 60 mila e 16 mila vaccini ricevuti attraverso il programma umanitario Covax. «Quando le dosi ci sono state consegnate, ci siamo accorti che sarebbero scadute in due settimane» ha detto Richard Lako, coordinatore della task force anti-Covid del Sud Sudan. E il paese non ha la possibilità di somministrare così tanti vaccini in poco tempo.

ANCHE I VACCINI contro altre malattie soffrono di sprechi notevoli, che la Gavi, un’organizzazione umanitaria che assiste le campagne di vaccinazione internazionali, quantifica in circa il 10% delle dosi. Con il coronavirus il problema è aumentato dal fatto che i vaccini più efficaci (Pfizer e Moderna) devono essere conservati a temperature molto più basse di quelle di un normale frigorifero, nel caso di Pfizer a settanta gradi sottozero. Questo rende i vaccini anti-Covid a mRna adatti soprattutto ai paesi ricchi e tecnologicamente avanzati, anche perché il costo delle dosi (circa venti euro l’una) è anche dieci volte superiore rispetto ad altri vaccini.

Anche in Italia i vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson sono ormai usati pochissimo e rischiano lo smaltimento. Le regioni finora hanno ricevuto circa 12,1 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca e 2,2 milioni di dosi di Johnson & Johnson. Ma negli ultimi mesi le consegne hanno rallentato moltissimo. In giugno sono state consegnate 2,9 milioni di dosi AstraZeneca, scese a 1,5 in luglio e a sole 66 mila in agosto (finora). Simile la parabola discendente per Johnson & Johnson: 820 mila dosi consegnate in giugno, 228 mila in luglio, appena 19 mila in agosto.

NONOSTANTE LE CONSEGNE con il contagocce, le regioni hanno dovuto restituire dosi alla struttura commissariale: 335 mila di Johnson & Johnson e 100 mila AstraZeneca sono state rispedite al mittente. Il destino di queste dosi è di rimanere nei magazzini di Pratica di Mare, dove giacciono insieme a quelle che le regioni hanno chiesto di non consegnare nemmeno, di essere smistate verso altre regioni (evenienza rara) o di scadere. Nei frigoriferi delle regioni rimangono inoltre mezzo milione di dosi Johnson & Johnson e centomila dosi AstraZeneca. Nel mese di luglio sono state somministrate 116 mila dosi di Johnson & Johnson e 15 mila prime dosi AstraZeneca, quindi anche queste dosi potrebbero arrivare a scadenza. Dall’Italia i vaccini difficilmente ripartono per l’estero. Finora l’unica donazione ha riguardato la Tunisia, dove il governo italiano ha inviato 1,5 milioni di vaccini all’inizio di agosto.