È arrivata ieri l’adesione formale in Conferenza Stato – Regioni all’adeguamento del piano vaccinale, il tagliando reso necessario dai tagli alle forniture comunicati a gennaio da Pfizer, Moderna e Astrazeneca. Finita la Fase 1 dedicata al personale sociosanitario e alle Rsa, si passa agli over 80 e ai gruppi della Fase 2: ne sono stati individuati sei, l’ordine progressivo è stato deciso in base al «maggiore rischio di letalità correlato al Covid-19».

Si ricomincia con i soggetti «estremamente vulnerabili» indipendentemente dall’età, cioè coloro che soffrono di malattie cardiocircolatorie, condizioni neurologiche e di disabilità, diabete, insufficienza renale, patologie oncologiche ed emoglobinopatiche, sindrome di Down e grave obesità. A seguire: le persone tra 75 e 79 anni; quelle tra i 70 e i 74 anni; «le persone con aumentato rischio clinico se infettate da Sars-CoV-2 a partire dai 16 anni fino ai 69»; «le persone di età compresa tra i 55 e i 69 anni senza condizioni di rischio» e, infine, le persone tra i 18 e 54 anni.

A tutti verranno somministrati i vaccini Pfizer e Moderna, Astrazeneca entra in campo solo per la sesta categoria della Fase 2, cioè le persone tra 18 ai 55 anni in buona salute. In questo target rientrano anche il personale scolastico e universitario, docente e non docente, le forze armate e di polizia, carceri e luoghi di comunità e il personale di altri servizi essenziali che inizieranno subito le somministrazioni, parallelamente agli over 80. Dalle regioni filtrano dubbi: i vaccini non sono abbastanza mentre l’investimento di 8,59 milioni per realizzare le Primule (i centri vaccinali provvisori) è considerato uno spreco.

PER ACCELERARE serve Astrazeneca: ieri è arrivato il primo quantitativo, 249mila dosi. «Potremo iniziare a proteggere le categorie più esposte – il commento del ministro uscente Roberto Speranza -. Abbiamo difeso e onorato insieme le istituzioni». E il ministro Francesco Boccia, al termine del tavolo con le regioni: «Nel 2020 abbiamo approvato 122 intese istituzionali e 237 provvedimenti. Indipendentemente dal destino di ognuno di noi, manteniamo fermo l’impegno di difendere il rapporto stato-regioni-enti locali». Quello di ieri potrebbe essere il loro ultimo atto prima di passare le consegne all’esecutivo Draghi ma, se arrivasse la richiesta, potrebbero ancora intervenire per prorogare il blocco degli spostamenti tra regioni, in scadenza lunedì.

NEL PIANO VACCINALE i nuovi numeri sulle forniture. Da Pfizer entro l’anno sono previste circa 66 milioni di dosi, da Moderna 10,62. Da Astezeneca entro marzo 4,16 milioni, nel secondo trimestre 22 e nel terzo 13,92. Nel conto anche due vaccini non ancora approvati: il Johnson & Johnson (monodose) dovrebbe avere l’ok dall’Ema a marzo, ne sono previste da aprile 7,30 milioni di dosi, nel terzo trimestre 15,94 e nel quarto 3,32. Infine Curevac: da aprile 7,31 milioni di dosi, quindi 6,64 e infine 7,96.

IL SIERO J&J non lascia l’Ue tranquilla: la multinazionale Usa ha ottenuto di realizzare riempitura e rifinitura delle fiale negli Stati uniti ma nel paese è in vigore il divieto di esportazioni di vaccini. La Commissione ha inserito nel contratto l’obbligo di riportare i farmaci nell’Ue dopo il «fill and finish» ma l’assoluta garanzia non c’è. I nuovi positivi ieri in Italia sono stati 10.630 su 274.263 test, 422 le vittime. Il tasso di positività in calo al 3,9%. La regione con il maggior numero di nuovi casi è stata la Lombardia (1.625) seguita da Campania (1.274) ed Emilia Romagna (977).

PROPRIO LA LOMBARDIA ieri ha sollevato l’ennesima polemica, questa volta sul piano vaccini. Ogni regione gestisce le immunizzazioni dalla consegna delle dosi. Il governatore Attilio Fontana ha inviato lunedì il piano lombardo firmato Guido Bertolaso al Cts per la valutazione. Ma ieri era previsto il via libera a quello nazionale, il parere è stato posticipato. «Incredibile che il ministero della Salute abbia deciso di bloccare la valutazione – l’attacco di Fontana -. Il piano era stato inviato come best practice da proporre a livello nazionale. Si propone infatti di vaccinare 10 milioni di residenti, un sesto della popolazione nazionale».

Ogni atto delle regioni, la replica, deve essere «coordinato e omogeneo su tutto il territorio nazionale». Approvato il piano nazionale ieri, se ne riparlerà nella riunione di venerdì. Art 1: «Dopo il flop delle vaccinazioni influenzali, Fontana si aspetta che il governo ‘imponga’ il modello lombardo che definisce, senza senso del ridicolo, best practice».

L’ASSESSORA LETIZIA MORATTI, lunedì aveva attaccato il commissario Arcuri la cui conferma è fortemente in bilico. Lo scontro questa volta sul personale aggiuntivo per le vaccinazioni: «Per febbraio attendiamo 123 unità. È già stata richiesta più volte la pianificazione degli arrivi senza risposta». La replica è arrivata immediata: «Il personale aggiuntivo già selezionato è di 229 unità. Di questi soltanto 4 hanno già potuto entrare in servizio. Tutti gli altri sono in attesa delle visite mediche da parte delle Ats lombarde». Non solo, i sindacati Nursing up e Fials denunciano i bandi di regione Lombardia per reclutare personale «volontario che lavori a costo zero».

In serata, poi, la Cabina di regia ha rivisto la classificazione della Puglia, da domani in zona gialla.