L’annuncio del presidente degli Stati uniti Joe Biden – la donazione di 500 milioni di dosi del vaccino Pfizer ai Paesi più poveri per aiutarli nella battaglia contro il Covid-19 – è stato fatto alla vigilia dell’inizio del G7. Ed è stato fatto parlando accanto all’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla.

«GLI STATI UNITI stanno fornendo questo mezzo miliardo di dosi senza alcun vincolo – ha specificato Biden – Le nostre donazioni di vaccini non includono pressioni per favori o potenziali concessioni. Lo stiamo facendo per salvare vite umane».

Un’operazione che rientra di certo nello spettro delle operazioni avviate da Biden per restaurare l’immagine degli Usa nel panorama internazionale. Ma è qualcosa di simile anche per Pfizer, che fino a un anno fa non godeva di un’ottima reputazione.

Nel 1986 la casa farmaceutica aveva dovuto ritirare dal mercato una valvola cardiaca artificiale dopo che i difetti di fabbricazione avevano causato oltre 300 decessi. La Food and Drug Administration (Fda) ne aveva ritirato l’approvazione e Pfizer aveva accettato di pagare centinaia di milioni di dollari di risarcimenti nell’ambito di molteplici azioni legali.

Nel 2011 Pfizer era inoltre stata costretta a pagare un risarcimento alle famiglie dei bambini uccisi nella controversa vicenda sui farmaci Trovan. Durante la peggiore epidemia di meningite mai vista in Africa, nel 1996, Pfizer aveva condotto uno studio in Nigeria per il suo nuovo prodotto. Cinque dei 100 bambini che avevano preso Trovan erano morti, ad altri aveva causato danni al fegato e aveva causato disabilità permanenti in quelli che erano sopravvissuti. Nell’altro gruppo di 100 bambini a cui era stato somministrato l’antibiotico convenzionale contro la meningite come gruppo “di controllo” per il confronto, 6 erano morti perché, dissero le famiglie, Pfizer aveva somministrato loro un livello inferiore di antibiotico rispetto a quello raccomandato, per far sembrare il Trovan più efficace.

NEL 2012 DOPO SEI ANNI di processi Pfizer ha dovuto pagare circa 1 miliardo di dollari per risolvere il caso del farmaco Prempro, utilizzato nella terapia ormonale sostitutiva per le donne in menopausa ma accusato di provocare il cancro al seno. E ancora, nel 2013, Pfizer ha pagato 273 milioni per risolvere gli oltre 2.000 casi in cui era accusato Chantix, farmaco per il trattamento della dipendenza da tabacco: provocava pensieri suicidi e omicidi, autolesionismo e gravi disturbi psicologici. Pfizer era stata accusata di aver escluso in modo improprio i pazienti con una storia di depressione o altri disturbi mentali dalle sperimentazioni per il farmaco.
Ora questa operazione congiunta con la Casa bianca è una meravigliosa occasione di pubbliche relazioni che non si avvicina nemmeno lontanamente alla richiesta di liberalizzare il brevetto del vaccino per renderlo disponibile alle altre case farmaceutiche, richiesta avanzata anche dallo stesso Biden.

Nel rifiuto Pfizer ha trovato un’alleata nella cancelliera tedesca Angela Merkel, che qualche giorno fa ha dichiarato: «La protezione della proprietà intellettuale è una fonte di innovazione e deve rimanere tale anche in futuro». Della stessa opinione il presidente della Confederazione svizzera Guy Parmelin, che ha difeso le protezioni sui brevetti, mentre l’ambasciatore elvetico presso l’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) ha ribadito che le aziende farmaceutiche non dovrebbero essere dissuase o scoraggiate dall’«investire nell’innovazione e nella ricerca di nuovi farmaci».