È già partita e, maltempo permettendo, arriverà in Italia domani la prima fornitura vera e propria del vaccino anti-Covid-19 prodotto da Pfizer e BioNTech, dopo l’assaggio a favore di telecamere del V-Day. Saranno circa 470 mila le dosi settimanali del vaccino da smistare nei circa 300 punti di vaccinazione individuati sul territorio italiano. Il 6 gennaio l’Agenzia europea del farmaco (Ema) esaminerà il vaccino prodotto dalla Moderna, già approvato negli Usa con efficacia paragonabile a quello della Pfizer. Da contratto, da qui a fine marzo le due aziende che producono vaccini a mRna forniranno all’Italia circa dieci milioni di dosi in tutto, utili a vaccinare cinque milioni di persone perché ogni vaccinazione richiede un richiamo. Sarebbe un buon risultato, perché con quei numeri a marzo sarebbero coperti gli operatori sanitari, gli ospiti delle Rsa e gran parte degli ultra-ottantenni. Ma il ministro Roberto Speranza non si accontenta: «Se arriva subito al traguardo anche AstraZeneca, entro il primo trimestre si aggiungeranno altri 16 milioni di dosi, che corrispondono ad altre 8 milioni di persone vaccinate. Risultato finale: noi già dal primo aprile potremmo avere 13 milioni di vaccinati».

QUEL «SE» APPARE poco più di una formalità, a dar retta alle affermazioni dell’amministratore delegato di AstraZeneca Pascal Soriot che in un’intervista al Times di Londra ha dichiarato: «Abbiamo trovato la formula vincente per ottenere un’efficacia, dopo due dosi, pari a quella degli altri vaccini», cioè superiore al 90% come Pfizer/BioNTech e Moderna. Soriot ha annunciato che l’agenzia regolatoria britannica Mhra sta per autorizzare il vaccino. La distribuzione nel Regno Unito potrebbe iniziare già il 4 gennaio.

SE L’OTTIMISMO di Soriot è giustificato dal suo ruolo, quello di Speranza ha meno fondamento. Soriot, infatti, al Times non ha voluto rivelare cifre – «non posso dire di più perché a un certo punto pubblicheremo i dati» – ma quelle già note difficilmente si riconciliano con le sue parole. L’8 dicembre i ricercatori dell’università di Oxford e di AstraZeneca avevano pubblicato sulla rivista Lancet i risultati preliminari dello studio clinico sul vaccino svolto tra Regno Unito, Sudafrica e Brasile, che non erano apparsi entusiasmanti. Il vaccino aveva raggiunto un’efficacia in due dosi pari al 62%.

È possibile che, una volta completato lo studio, l’efficacia del vaccino sia aumentata perché si tratta di stime statistiche naturalmente soggette a incertezza. Tuttavia, i ricercatori stimavano in meno del 2,5% la probabilità che l’efficacia fosse superiore al 75%. Un’efficacia pari al 90%, va detto, era stata riscontrata in un sottoinsieme di partecipanti alla sperimentazione (circa 1300 su ventimila, tutti al di sotto dei 55 anni di età), che per errore avevano ricevuto una prima dose ridotta del vaccino. Ma difficilmente l’Ema approverà un vaccino sulla base di dati così limitati, tanto che secondo la stessa azienda nuovi studi erano necessari per interpretare lo strano risultato. Secondo i trial registrati da AstraZeneca, studi di questo tipo non sono in corso.

INOLTRE, NEL DOSAGGIO previsto inizialmente, l’unico sperimentato su larga scala, gli studi hanno evidenziato che il vaccino offre una parziale protezione contro i sintomi, ma non ha effetto sull’infezione in sé: dunque, anche una persona vaccinata potrebbe, almeno in teoria, trasmettere il virus. E questo potrebbe rendere più complicato raggiungere l’immunità di gregge, vero obiettivo della campagna vaccinale.

SOLO IL VERDETTO della Mhra svelerà il mistero sulla «formula vincente» vantata da Soriot, in attesa della promessa pubblicazione dei dati. In ogni caso, non è detto che l’autorizzazione da parte del Regno Unito si traduca in un analogo provvedimento europeo. La Mhra, in altri casi, si è rivelata piuttosto sbrigativa nell’esame dei vaccini, consentendo al Regno Unito di iniziare le vaccinazioni prima dell’Unione Europea. Stavolta l’Ema non avrà nemmeno il soccorso della statunitense Fda – la più severa tra le agenzie regolatorie – che sul vaccino AstraZeneca non si esprimerà in tempi brevi, visto che gli studi negli Usa sono ancora in corso e non prevedono dosi ridotte.