Anche in tema di energia i quattro paesi del Gruppo di Visegrád (V4, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia) sembrano voler seguire una strada tutta loro, ciascuno con le sue specifiche esigenze, beninteso. Cosicché, se il Green Deal Europeo punta sulle rinnovabili per affrontare in modo più efficace i problemi climatici che affliggono il pianeta, i paesi del V4 mostrano di “gradire” il nucleare vedendovi lo strumento migliore per chiudere in prospettiva le centrali a carbone.

Nell’ultimo incontro ministeriale che ha avuto luogo fra i Quattro, l’energia nucleare è stata indicata dai medesimi come fattore di importanza centrale per la transizione energetica. In pratica, per i governi del V4,senza il nucleare non si potrà raggiungere la neutralità climatica. Obiettivo che l’Ue intende raggiungere entro il 2050. Già comunque, nel recentissimo passato, i paesi del V4, soprattutto l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Polonia avevano avuto modo di esprimere tutte le loro riserve sul piano ed erano arrivate a minacciare il veto in mancanza di sufficienti garanzie finanziarie per affrontare questo impegno. La Slovacchia aveva mantenuto una posizione più defilata e comunque un po’ meno critica. Ancora una volta, comunque, i Quattro avevano avuto il sentore di pagare di tasca loro i progetti europei sostenendone il peso maggiore pur non essendo i paesi più ricchi dell’Ue. Da lì la richiesta di maggiori e più chiare garanzie di carattere economico dovute a paesi che, come quelli del V4 tendono a non osservare i tempi della transizione climatica a causa della loro dipendenza dalle energie fossili.

C’è poi da precisare che Praga aveva già fatto pressione perché si riconoscesse al nucleare il carattere di fonte di energia indispensabile per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro i tempi convenuti. Il tutto di fronte all’ostilità di Germania, Austria e Lussemburgo nei confronti di questa opzione.

Fa mostra di puntare sull’energia atomica anche la Polonia per quanto sia stato il terzo paese più colpito dal disastro di Chernobyl. La Repubblica Ceca vuole sostituire la sua ingente produzione di carbone con l’energia nucleare ma va detto che i tempi previsti per una simile operazione sono troppo lunghi per il Green Deal e del resto altri paesi dell’area centro-orientale europea sono alle prese con problemi di questo genere.

L’Ungheria nel 2014 ha siglato con la Russia un accordo per potenziare la centrale nucleare di Paks. L’intesa ebbe all’inizio di quell’anno e fu accolta da vibranti proteste dell’opposizione che accusava il governo di aver messo la popolazione di fronte a un fatto di compiuto e di non aver dato vita ad un dibattito preventivo sull’argomento. Va precisato che l’opposizione e i suoi sostenitori puntavano il dito contro la scelta del premier di avvicinarsi sempre più a Putin e di allontanarsi dall’Europa dei diritti e dei principi democratici. Lo accusavano anche di rendere l’Ungheria ancora più dipendente da Mosca in ambito energetico. Orbán rispondeva che, con quell’accordo, il paese avrebbe potuto produrre molta più energia a beneficio della popolazione, con un surplus da esportare.

A Praga, di recente, Petr Fiala, l’uomo incaricato dal presidente Zeman di svolgere negoziati per formare il governo, ha espresso una posizione critica nei confronti del coinvolgimento russo e cinese nella costruzione della nuova unità della centrale nucleare di Dukovany.

Insomma, a differenza dei criteri che ispirano il Green Deal, e al di là dei dissidi interni su questo argomento, i paesi del V4 hanno mostrato un approccio alle questioni energetiche che passa per il nucleare e, forse con la Polonia in posizione particolarmente avanzata, si fa vettore di un fronte interno europeo che rallenta le politiche verdi promosse dall’Ue. I Quattro mostrano di riconoscere l’importanza delle rinnovabili e degli investimenti relativi a questo settore specifico, ma sempre passando per l’energia nucleare. Come si vede, è difficile trovare un’intesa anche in questo ambito. Differenze e diffidenze reciproche complicano le relazioni con questa parte recalcitrante dell’Ue. Speriamo che non ne risenta anche l’ambiente.