Ricorrere all’uso forza per identificare i migranti che rifiutano di fornire spontaneamente le proprie generalità e di farsi prendere le impronte digitali. E’ l’ipotesi a cui starebbe pensando il governo, almeno stando a quanto affermato ieri in commissione Migranti della Camera dal direttore del Dipartimento immigrazione e della polizia di frontiera Giovanni Pinto. Se confermata, la novità rappresenterebbe un deciso cambio di linea rispetto al comportamento tenuto fino a oggi dalle forze dell’ordine anche se dovrebbe comunque prima ottenere il via libera da parte del parlamento. Ma intanto ha lasciato senza parole i deputati di fronte ai quali Pinto ha parlato. «Un’ipotesi, quella avanzata dal prefetto, che ci ha lasciati stupiti e che personalmente non mi trova d’accordo», ha commentato il presidente della Commissione Gennaro Migliore.
Quella del capo Dipartimento immigrazione e polizia di frontiera fa parte delle audizioni indette dalla commissione parlamentare per il suo lavoro di indagine sull’accoglienza dei migranti in Italia. «Il governo – ha spiegato Pinto – sta cercando di introdurre una norma che consenta l’uso della forza nei confronti dei migranti che rifiutano il fotosegnalamento». Non si tratta, ha aggiunto, «di spaccare le ossa, ma di permettere un uso della forza commisurata alle esigenze di identificare chi arriva in Italia, come ci chiede l’Europa». Da Frontex arriveranno dieci esperti in raccolta delle impronte per aiutare i funzionari italiani a superare le difficoltà che incontrano: «Ci sono migranti che si mettono in posizione fetale per evitare di essere identificati, a volte si impiegano anche 40 minuti per una identificazione», ha proseguito Pinto.
La norma messa a punto dal Dipartimento guidato da Pinto, si trova attualmente sul tavolo del ministro degli Interni Alfano per una sua valutazione. Prevede la possibilità di trasferire in un Cie il migrante che rifiuta di farsi identificare, con relativa richiesta al giudice di autorizzare il trattenimento e – si specificherebbe – il prelievo coattivo delle impronte digitali, nel rispetto della dignità dello straniero. Tutto da chiarire cosa si intenda per prelievo coattivo delle impronte, se poggiare forzatamente la mano del migrante sulla macchina che rileva le impronte (con il rischio tra l’altro di rendere non valida l’operazione) o altro. Se comunque Alfano darà il suo via libera, spetterà poi al consiglio dei ministri valutare la norma e, infine, al parlamento.
Se è vero che quello delle identificazioni è uno dei punti sui quali Bruxelles insiste di più con l’Italia, accusata di non impegnarsi più di tanto nel prendere le impronte digitali dei migranti, è pur vero che da quando in Europa si è giunti a un accordo sui ricollocamenti di siriani ed eritrei le cose sono cambiate. Come dimostrano i numeri, che parlano di una media di identificazioni pari al 70% dal primo gennaio al 30 settembre, improvvisamente balzata al 95% a ottobre, dopo il consenso trovato proprio sui ricollocamenti.
Una novità infine per i richiedenti asilo che hanno ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari o per protezione sussidiaria. Fino a ieri il rinnovo doveva essere fatto presso la questura che aveva rilasciato il provvedimento. Su proposta ella commissione Migranti il Viminale ha reso possibile effettuare i rinnovi presso qualunque questura.