Sarà «uno sciopero difficile e necessario» quello nel pubblico impiego organizzato oggi dall’Unione Sindacale di Base (Usb). «In giornate drammatiche in cui l’attenzione mediatica è monopolizzata dai tragici fatti di Parigi – sostiene Luigi Romagnoli dell’esecutivo nazionale del sindacato di base (pubblico impiego) – questo sciopero i cortei ribadiranno il diritto democratico ad esprimere la protesta contro la politica economica e sociale del Governo, espressione dei diktat dell’Unione Europea».
A una settimana dagli attentati di Parigi, mentre in Francia si adottano misure eccezionali che restringono le libertà costituzionali e a Roma si resta sospesi al «grande evento» del Giubileo, l’Usb intende «rivendicare il diritto a protestare civilmente il proprio dissenso nei confronti di politiche sociali che distruggono il Welfare nazionale e aprono la strada alla definitiva privatizzazione di servizi essenziali».

Lo sciopero è contro la legge di stabilità e in particolare contro la proposta del governo di aumentare la retribuzione media giornaliera lorda sulla proposta del governo di 16 centesimi a partire dal 2016. Un cifra che il sindacato trova irrisoria anche rispetto a quanto i lavoratori pubblici hanno perso a causa del blocco degli scatti imposti per finanziare i costi dell’austerità Tra 2010 e il 2015 ogni lavoratore ha subìto una perdita salariale di 6.500 euro.

L’astensione dal lavoro di tutta la giornata serve a protestare contro il reiterato blocco delle assunzioni «che rischia di mettere in crisi una pubblica amministrazione con ha organici carenti ed un’età media molto elevata, sicuramente più alta della media europea». Nell’agenda c’è anche un riferimento alla spending review il cui (teorico) obiettivo sarebbe quello di ridurre drasticamente da 8 mila a mille il numero delle aziende partecipate. L’Usb vede in questo progetto, se e quando sarà realizzato, «il pericolo della privatizzazione o soppressione di numerosi servizi territoriali».

Alle tre manifestazioni interregionali previste a Roma, Milano e Napoli nelle ultime ore si è aggiunta quella dei lavoratori sardi che partirà alle 10 da piazza del Carmine a Cagliari. A Roma il corteo partirà dal Colosseo alle 9.30; a Milano da largo Cairoli alla stessa ora e a Napoli, da piazza Mancini, alle 10.

L’agitazione riguarderà anche il settore dei beni culturali. A cominciare dal Colosseo, involontario protagonista di una cagnara organizzata dal governo il 18 settembre contro un’assemblea sindacale dei lavoratori di due ore. Il caso finì su tutti i giornali e portò il governo a varare un decreto che equiparava i musei ai «servizi pubblici essenziali». L’obiettivo, non dichiarato, era quello di restringere i diritti dei lavoratori. Ufficialmente si voleva evitare di danneggiare il sacro «made in Italy» agli occhi dei turisti. E oggi cosa accadrà, visto che si tratta di uno sciopero generale? Nulla è scontato. E questo è già un fatto: il governo non è riuscito a eliminare le legittime proteste dei lavoratori. La soprintendenza speciale di Roma ieri era al lavoro per garantire la regolare apertura. «Potrebbe verificarsi una riduzione del servizio o nei percorsi di visita» si avverte. «Non sappiamo nulla – sostiene Domenico Blasi dall’Usb – Sappiamo che il soprintendente, con un atto secondo noi autoritario e illegittimo, ha comunicato ai suoi funzionari di attivare tutte le misure necessarie per farlo rimanere aperto, anche a costo di far chiudere i musei minori».