Su una cosa, negli Stati uniti, si ritrovano sempre gli opposti schieramenti: l’ossessione per il «pericolo rosso», permanente nonostante il cambio di secolo. La squadra di anticastristi e antichavisti che appoggerà la presidenza Trump e il Dipartimento di Stato, la riflette in pieno. Alcuni di questi hanno finanziato la campagna di quei deputati e senatori che la sostengono al Congresso. Un’azione lobbistica visibile nell’iniziativa bipartisan di 34 deputati, sia democratici che repubblicani, che hanno scritto a Trump per chiedere un inasprimento delle sanzioni al Venezuela.

Prima di andarsene, Obama le ha rinnovate per un altro anno, ma i 34 chiedono di più. Nel mirino, soprattutto il vicepresidente del Venezuela, Tareck El Aissami, recentemente nominato da Maduro, che gli ha trasferito importanti deleghe: in caso – ha sottolineato l’opposizione – il presidente venisse disarcionato da un referendum prima di finire il mandato e il vice dovesse portare a termine il periodo al suo posto. El Aissami è di origine siriana ed è intervenuto pubblicamente contro l’occupazione israeliana in Palestina e contro l’aggressione alla Siria.

Per le destre venezuelane, sponsorizzate dagli Usa e dall’Europa, il vicepresidente appoggerebbe «gruppi terroristi in Medioriente», soprattutto la formazione libanese Hezbollah. La lettera chiede a Trump di indagare su di lui per narcotraffico e terrorismo e di emettere sanzioni ad personam per diversi funzionari governativi. Chiede anche un ulteriore aumento dei fondi che ogni anno Washington stanzia per finanziare i «movimenti che promuovono la democrazia e il lavoro con la società civile» in Venezuela. Varie inchieste indipendenti hanno mostrato come proprio dalle ong che ricevono quei finanziamenti partano dati e campagne contro il paese bolivariano, puntualmente riprese in Italia e in Europa.

Durante la campagna elettorale, Trump ha detto che avrebbe «riportato la democrazia» sia a Cuba che in Venezuela e che avrebbe perseguito il ribaltamento del governo Maduro. Nella stessa linea, il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, ex capo della Exxon Mobil. La multinazionale ha un contenzioso con Caracas dai tempi di Chavez e delle nazionalizzazioni da lui decise. E ora ha aperto una seconda piattaforma petrolifera nelle acque dell’Esequibo, contese tra Venezuela e Guyana.

Obiettivo dell’attacco, le efficaci iniziative diplomatiche del governo Maduro. Quella con il Vaticano, uno dei mediatori nel tentativo di dialogo con l’opposizione, sta evidenziando uno scontro tra la linea progressista del papa e quella conservatrice dei vescovi venezuelani. Dopo aver negoziato la riduzione del prezzo del petrolio con i paesi Opec e non Opec, in questi giorni la ministra degli Esteri venezuelana, Delcy Rodrigue,z sta effettuando un nuovo viaggio: per ora in Iran, paese da cui Maduro ha ricevuto la presidenza pro-tempore dei Non allineati e in Iraq.