Donald Trump è riuscito ad attirarsi rimproveri da parte di repubblicani e democratici dopo aver scritto un tweet in cui ventilava la possibilità di posticipare le elezioni del 3 novembre, affermando, senza prove, che votare in sicurezza per posta sarebbe un «disastro catastrofico» che porterebbe a risultati fraudolenti.

«Con il voto per posta quella del 2020 sarà l’elezione più INACCURATA e FRAUDOLENTA della storia – ha twittato Trump – Sarà un grande imbarazzo per gli Stati uniti. Ritardare le elezioni fino a quando le persone possano votare in modo corretto e sicuro???». Poco importa che Trump non possa rimandare le elezioni: questo potere spetta solo al Congresso, e con il Congresso così spaccato tra democratici e repubblicani, la cosa non avverrà. È solo l’ultimo e più drammatico tentativo del presidente di minare la fiducia degli americani nelle elezioni, sforzi sempre più frequenti man mano che i sondaggi mostrano il declino delle sue fortune politiche. Secondo il Washington Post dalla fine di marzo Trump ha attaccato il voto per posta quasi 70 volte, in interviste, commenti e tweet, di cui almeno 17 questo mese.

La genesi del tweet di ieri pare abbastanza chiara. L’esternazione è arrivata la mattina alle 8.46 dopo che, alle 8.30, era stata diffusa una stima del Bureau of Economic Analysis, riguardo una contrazione record del Pil Usa pari al 32,9% su base annuale. Il calo maggiore mai registrato e, visto che è il secondo calo trimestrale consecutivo, porta gli Usa direttamente in recessione. Non è lo scenario migliore per un candidato che ha fatto del successo dell’economia il suo principale cavallo di battaglia per la rielezione. Rispetto al trimestre precedente la diminuzione è stata di circa il 10%. Nel frattempo le nuove richieste di sussidi di disoccupazione sono salite di 1,43 milioni. Secondo la maggior parte degli analisti, questi dati mostrano quanto sarà arduo il recupero per gli Usa, soprattutto davanti alla recrudescenza della pandemia di coronavirus e nonostante i pacchetti di aiuti fatti partire dalla Federal Reserve e dal governo.

A crollare sono i consumi ma anche le esportazioni e gli investimenti, normale reazione per un Paese che non vede nessun cenno di controllo sulla pandemia, ma solo numeri che continuano a salire. L’altro dato che si è abbattuto su Trump ieri, a completare l’opera, è stato proprio quello dell’epidemia che ha registrato nelle precedenti 24 ore 1.400 decessi da Covid-19, vale a dire circa uno al minuto. Tra questi Herman Cain, afroamericano, uomo d’affari, ex candidato tea party nelle elezioni del 2012, diventato sostenitore di Trump. Cain aveva preso parte all’ormai famoso comizio del 20 giugno a Tulsa, da dove aveva twittato tutto il suo entusiasmo per essere a un evento politico che non richiedeva distanziamento sociale e l’uso della mascherina. Proprio l’uso della mascherina, invece, è diventato obbligatorio alla Camera, dopo che Nancy Pelosi ne ha ordinato l’uso a legislatori e membri del personale della Camera, pena l’allontanamento dal Congresso.

La mossa di Pelosi è arrivata in risposta al deputato repubblicano texano Louie Gohmert, risultato positivo al test. Quando ha annunciato di aver contratto il «virus Wuhan», Gohmert ne ha imputato la causa all’aver  occasionalmente indossato la mascherina. La mascherina, invece, non è stata un optional alla cerimonia funebre di John Lewis, lo storico militante per i diritti civili degli afroamericani e deputato della Georgia. Trump, come ha fatto con altri due suoi oppositori politici eccellenti, Elijah Cummings e John McCain, non si è presentato al funerale insieme agli ex presidenti Bush jr, Clinton e Obama.

Durante il suo discorso Obama si è più volte rivolto senza nominarlo a Trump, parlando di «coloro al potere» che affrontano le proteste con i lacrimogeni e cercano di impedire che si voti demonizzando il voto per posta. «C’è un attacco a ciò per cui John ha combattuto – ha detto Obama – È un attacco alle nostre libertà democratiche e dovremmo trattarlo come tale. Volete onorare John, onoriamolo rivitalizzando la legge per la quale era disposto a morire».