Non ha parlato solo Joe Biden, il giorno dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina: a far sentire la loro voce sono stati tutti gli ex presidenti, tutte le maggiori cariche istituzionali, tutti gli attori politici Usa. Da Jimmy Carter – «L’attacco non provocato della Russia all’Ucraina, per mezzo di armi militari e cyber, viola la legge internazionale e i diritti umani fondamentali del popolo ucraino» – al Dsa, i Democratic Socialists of America, da Nancy Pelosi al suo nemico diretto, il repubblicano Mitch McConnell, tutti hanno condannato le azioni di Putin e sostenuto le sanzioni.

IL PIÙ DIRETTO degli interventi è stato quello di Obama, che ha sottolineato come gli americani debbano prepararsi alle ricadute economiche delle sanzioni occidentali contro la Russia, ma che questo è un prezzo non metaforico da pagare «per prendere posizione per la libertà», e ha esortato a superare le divisioni politiche e a sostenere Biden. «Perché a lungo termine, tutti dobbiamo scegliere tra un mondo in cui è il potere a dettare la via e gli autocrati sono liberi di imporre la loro volontà con la forza, o un mondo in cui le persone libere hanno il potere di determinare il proprio futuro».
È raro che tutti gli ex presidenti commentino qualcosa al di là dei grandi disastri naturali – George W. Bush, in particolare, ha sempre evitato di rientrare nella mischia politica – ma questa volta le loro condanne separate, ma retoricamente allineate, sottolineano la gravità del momento.
Il leader repubblicano della minoranza al Senato Mitch McConnell ha dichiarato che l’amministrazione Biden deve «andare fino in fondo con le sanzioni» ed è arrivato ad affermare: «Siamo tutti insieme, a questo punto, e dobbiamo rimanere uniti su ciò che deve essere fatto».

DAI LEADER del Congresso al comitato elettorale repubblicano, le voci di spicco del Gop, inclusi alcuni stretti lealisti di Trump, hanno ripetuto che il presidente russo deve pagare il prezzo di aver ordinato un’offensiva militare contro l’Ucraina, anche se il partito continua ad incolpare Biden per questa crisi.
L’unica voce fuori dal coro di condanna a Putin è quella di Donald Trump, il portabandiera de facto del partito repubblicano, che al presidente ucraino deve, indirettamente, la ragione del suo primo impeachment, mentre con Putin ha sempre avuto un rapporto idilliaco. È «molto intelligente», ha detto Trump riferendosi Putin durante una raccolta fondi in Florida, valutando invasione dell’Ucraina come un affare immobiliare: «Ha preso il controllo di un Paese pagando 2 dollari di sanzioni», «un gran pezzo di terra con molte persone, semplicemente entrandoci. È un genio».

I leader repubblicani, pur continuando a condannare l’invasione dell’Ucraina, sono rimasti in silenzio riguardo gli elogi di Trump a Putin, non altrettanto hanno fatto i leader democratici, a partire da Bernie Sanders che su Twitter ha scritto: «È oltraggioso, anche se non sorprendente, che Trump lodi l’invasione assassina dell’Ucraina da parte di Putin come un atto di ’genialità’. Dovrebbe preoccuparci tutti che Putin sia esattamente il tipo di leader che Trump vorrebbe essere e che così pochi repubblicani abbiano il coraggio di dirlo ad alta voce».

LA POSIZIONE di Sanders sulla guerra in Ucraina è la stessa del Dsa, per cui gli Usa e gli alleati dovrebbero imporre gravi sanzioni al presidente russo e al suo governo. Inoltre, ha dichiarato Sanders, «questi provvedimenti non dovrebbero solo isolare l’economia russa, ma includere il congelamento dei miliardi di dollari che Putin e i suoi amici oligarchi hanno nascosto nelle banche europee e americane».