II ministro della Giustizia americano, Jeff Sessions, ha licenziato l’ex numero due dell’Fbi Andrew McCabe, nonostante, dopo 21 anni di servizio, fosse a 48 ore dall’andare in pensione. McCabe sarebbe colpevole, secondo Sessions, di aver fornito notizie ai media e di aver mancato di sincerità, anche sotto giuramento.

La notizia del licenziamento di McCabe, con effetto immediato, è stata presa benissimo da Donald Trump che in un tweet ha affermato: “è un gran giorno per tutti i dipendenti che lavorano duramente nell’Fbi”. “Il bigotto James Comey era il suo capo – ha aggiunto Trump – e McCabe sapeva tutto delle bugie e della corruzione ai più alti livelli dell’Fbi”.

Di fatto anche McCabe, come pochi giorni fa l’ormai ex segretario di Stato Rex Tillerson, non sapeva del licenziamento e l’ha saputo dai media e dalle telefonate arrivate per avere un commento. La cosa l’ha fatto comprensibilmente arrabbiare e l’ha portato a dare pubblicamente la propria lettura di questo evento: “Sono stato licenziato per indebolire le indagini sulle interferenze russe sul voto – ha scritto McCabe in una lunga nota – e per screditarmi come possibile testimone nell’inchiesta di Mueller sul Russiagate. L’idea che sono stato disonesto è sbagliata.

Ecco la realtà: sono stato trattato così per il ruolo che ho giocato, le azioni che ho intrapreso e gli eventi di cui sono stato testimone dopo il licenziamento di James Comey”. L’ex capo dell’Fbi che ha accusato Donald Trump di avergli chiesto di chiudere l’indagine sul Russiagate.

“Questo attacco alla mia credibilità rientra in uno sforzo più ampio non solo per colpire me personalmente ma per macchiare l’Fbi, le forze dell’ordine, e più in generale i professionisti dell’intelligence – ha proseguito McCabe nella sua nota – Rientra nella guerra dell’amministrazione contro l’Fbi e l’indagine del procuratore speciale. L’insistenza di questa campagna contro l’Fbi sottolinea solo l’importanza del lavoro del procuratore speciale. Nell’ultimo anno e mezzo io e la mia famiglia ed io siamo stati il bersaglio di un inesorabile attacco alla nostra reputazione e i tweet del presidente lo hanno amplificato ed esacerbato. Lui ha reclamato il mio licenziamento. Lui ha chiesto che io venissi privato della mia pensione dopo oltre 20 anni di servizio. E per tutto questo tempo non abbiamo detto nulla, con l’intenzione di non distrarre l’attenzione rispetto alla missione dell’Fbi, rispondendo alle bugie che sono state dette su di noi”.

McCabe era diventato il numero uno dell’Agenzia dopo che il suo capo, James Comey, era stato licenziato, e del quale aveva preso le difese contraddicendo pubblicamente in diretta televisiva la Casa bianca, sostenendo che Comey non aveva assolutamente perso l’appoggio dei suoi agenti, come affermava Trump. Il presidente aveva più volte accusato McCabe di essere dalla parte di Hillary Clinton, e che sua moglie, Jill McCabe, aveva corso come democratica per il Senato della Virginia ed aveva accettato 500.000 dollari per la sua campagna dall’organizzazione politica di Terry McAuliffe, un vecchio amico dei Clinton. Oltre a ciò McCabe era stato coinvolto non solo nelle indagini sul Russiagate, ma anche in quelle sull’emailgate di Hillary Clinton, contro la quale l’Fbi non ha mai lanciato accuse.