Pretendere dal neo presidente Joe Biden la riconsegna delle dosi del vaccino Pfizer “stornati” alla Germania in favore degli Stati Uniti e trasformare la start-up BioNTech in un gruppo farmaceutico indipendente interamente controllato dai tedeschi.

Sono le due mosse sulla scacchiera di Berlino, alle prese (come tutti gli altri Paesi dell’Ue) con la carenza del farmaco indispensabile per curare la pandemia che nella Bundesrepublik ha già provocato oltre 50.100 morti, come certifica l’ultimo bollettino sanitario pubblicato dall’Istituto Robert Koch.

Ieri il ministro della Sanità, Jens Spahn (Cdu) ha risposto ufficialmente all’interrogazione parlamentare della Spd sull’insufficienza dello stock distribuito ai centri per la vaccinazione nei 16 Land. «Il governo federale è pronto a entrare in trattative con la nuova amministrazione di Washington per concordare le necessarie modifiche all’ordine di fornitura dei vaccini».

Ammettendo che il farmaco non è attualmente disponibile in numero sufficiente perché «l’ordine esecutivo firmato dall’ex presidente Donald Trump lo scorso 8 dicembre ha fatto in modo che gli impianti di produzione europei fossero incoraggiati a rendere inizialmente disponibile il vaccino per gli americani».

Da qui il deficit strutturale delle fiale destinate alla Germania ma anche al resto dell’Unione europea, egualmente appesa al contratto “capestro” sottoscritto sulla base delle consegne trimestrali e non settimanali. Per questo motivo – tiene a precisare Spahn – Berlino ha provato ad assicurarsi almeno 30 milioni di dosi-extra del vaccino Pfizer-BioNTech attraverso l’accordo bilaterale che ha alimentato le critiche di Bruxelles con cui, in teoria, lo scorso giugno era stata definita la strategia comune. La stessa che ora la cancelliera Angela Merkel auspica sul tavolo europeo destinato a definire «l’approccio unitario all’emergenza coronavirus aggravata dalla diffusione delle varianti inglese, sudafricana e brasiliana».

In parallelo, però, la Germania prepara il piano per l’autosufficienza sanitaria anticipato nell’intervista rilasciata dal principale azionista di BioNTech al Manager Magazin.

Secondo Thomas Strüngmann, che insieme al fratello Andreas possiede oltre la metà delle quote dell’azienda di Magonza, «passo dopo passo BioNTech si sta avviando a diventare un gruppo farmaceutico indipendente basato sulla potenza della nuova tecnologia mRna».

Significa, di fatto, potere staccare a breve la spina della start-up tedesca dal filo che la lega (in tutti i sensi) all’americana Pfizer e garantire così l’indipendenza della politica sanitaria del governo federale non solo nell’azione di contrasto al Covid-19.

«Nonostante il considerevole aumento del valore delle azioni in Borsa non ho alcuna intenzione di vendere l’azienda. Il vaccino contro il coronavirus rappresenta solamente la prima fase del progetto di espansione di BioNTech. I risultati dei più recenti studi sulle malattie autoimmuni, a partire dalla sclerosi multipla, confermano che oltre al Covid-19 il focus dell’impresa sarà concentrato sulle terapie anti-cancro e sulla cura di tutte le altre malattie infettive» sottolinea Strüngmann.

Mentre il presidente del consiglio di sorveglianza di BioNTech, Helmut Jeggle, conferma che «la produzione del vaccino nel nuovo stabilimento di Marburgo inizierà come previsto entro le prossime settimane», ricordando come il farmaco sia stato testato e prodotto insieme a Pfizer ma rimanga un prodotto rigorosamente made in Germany che l’azienda di Magonza intende sviluppare «in-house».

Una scelta vincente dal punto di vista strettamente commerciale per il “gioiello” BioNTech ma anche lo strumento geopolitico decisivo nelle mani del governo di Berlino, ora costretto a trattare sia con gli americani di Pfizer che con i russi che hanno lanciato nell’orbita farmaceutica il loro Sputnik V.