Mentre stiamo scrivendo ancora nessun accordo sul tema dell’immigrazione e i dazi è stato raggiunto tra Stati uniti e Messico. I colloqui tra Casa bianca e funzionari messicani continuano.

Donald Trump ha rinnovato via Twitter la minaccia di imporre una tariffa del 5% su tutti i beni importati dal Messico se il Paese non farà di più per fermare il flusso di migranti negli Usa. Il piano di Trump, però, per diventare realtà, dovrà affrontare alcuni ostacoli interni.

Sono diversi i repubblicani del Congresso a pensare che non sia una buona idea risolvere il problema dell’immigrazione attraverso l’applicazione di ulteriori tariffe a quello che è tra i principali referenti economici degli Usa, mentre gli analisti affermano che le tariffe potrebbero causare la perdita di più di 400mila posti di lavoro negli Stati uniti.

Tutto ciò non sembra turbare The Donald che, il giorno dopo la visita dei funzionari messicani alla Casa bianca, ha dichiarato che «sono stati fatti molti progressi» ma che è pronto a compiere passi «drammatici» contro il Paese. Poi ha aggiunto di essere pronto a dare nuove tariffe anche alla Cina se i continui colloqui commerciali non dovessero portare ad accordi convenienti per gli Usa.

Nelle dichiarazioni rilasciate ai giornalisti all’aeroporto di Shannon, Trump ha accusato i democratici di non aver preso provvedimenti per aiutare il governo a diminuire il numero di ingressi illegali al confine: «A loro non interessa che tipo di record abbiamo, potremmo risolvere questo problema così facilmente se i democratici al Congresso fossero disposti a fare alcuni cambiamenti».

Il problema per Trump è che nemmeno i repubblicani sembrano aver voglia di fare cambiamenti, nel loro caso riguardo l’aumento delle tariffe. I senatori repubblicani hanno detto che il presidente dovrebbe ritardare l’applicazione delle tariffe finché non avrà presentato il caso direttamente a loro. I membri del Gop al Congresso vorrebbero che Trump, la settimana prossima, si confrontasse con loro così da spingerlo a ritirare la minaccia che dovrebbe entrare in vigore lunedì.

Il leader della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell, per evitare uno scontro interno al partito oltre che con la Casa bianca, sta cercando di ritardare il voto, nella speranza di far sparire l’intera questione dall’agenda del presidente, ma i senatori non sembrano voler agevolare questa idea. Il senatore Roy Blunt, repubblicano del Missouri e membro del gruppo dirigente, ha affermato che Trump dovrebbe presentare il caso delle tariffe al Messico a loro, o quanto meno a una delegazione di una dozzina di membri repubblicani del Congresso, come già accaduto in passato.

Dello stesso parere la senatrice del Maine Susan Collins, tradizionalmente su posizioni opposte a quelle di Trump: «Penso che il prossimo passo debba essere un incontro tra il presidente e un gruppo di senatori. È preoccupante che l’amministrazione sembri sempre voler ricorrere alle tariffe ogni volta che c’è un problema, che si tratti di immigrazione o di commercio o di qualsiasi cosa e dal momento che la massima priorità del presidente dovrebbe essere l’approvazione del nuovo trattato commerciale con il Messico e il Canada».

Nemmeno un falco come il rappresentante al commercio Robert Lighthouse appoggia la mossa di Trump. Per Lighthouse gli Usa non possono permettersi un nuovo fronte, dopo quello con la Cina e in vista dei negoziati con l’Europa, mentre il segretario del Tesoro Steve Mnuchin teme che i nuovi dazi potrebbero far deragliare la crescita Usa.

Senza l’appoggio del partito, per imporre le nuove tariffe contro il Messico, Trump potrebbe dichiarare un’altra situazione di emergenza internazionale e fare leva sull’International Economic Powers Act, una legge usata per congelare asset di entità sotto sanzioni e mai impugnata per adottare nuove tariffe commerciali.