L’amministrazione Trump ha pubblicato la lista dei 114 politici e 96 oligarchi che hanno prosperato sotto Putin. La lista era stata ordinata dal Congresso come parte di una rappresaglia sulle presunte interferenze russe nelle elezioni del 2016, ma la Casa bianca ha sorpreso tutti annunciando di aver deciso di non imporre, per ora, sanzioni a nessuno dei nominati.

L’IDEA ALLA BASE della lista era quella di attirare l’attenzione su coloro che avevano beneficiato del mandato di Putin, ma Trump ha informato i membri del congresso che ora non sono necessarie nuove sanzioni contro la Russia, come richiedeva la legge approvata in modo bipartisan a luglio.

La lista è stata pubblicata poco prima di mezzanotte per non attirare troppo l’attenzione su questo elenco di ogni membro anziano del Cremlino e di ogni oligarca russo, con un patrimonio netto di almeno 1 miliardo di dollari. Alcuni dei nominati sono già soggetti a sanzioni Usa ma l’amministrazione ha smesso di imporne di nuove, sostenendo che la legge sta già funzionando come deterrente. La scelta della Casa bianca non è piaciuta per niente all’opposizione. Il deputato di New York, Eliot Engel, massimo rappresentante democratico della commissione Affari esteri della Camera, ha dichiarato di essere «stufo» e che «l’amministrazione di Trump ha scelto di lasciare di nuovo la Russia fuori dai guai».

LA PUBBLICAZIONE DELLA LISTA e la decisione di Trump di non applicare nuove sanzioni, arriva poche ore dopo il voto dei repubblicani alla Camera Intelligence Committee che, ignorando gli avvertimenti del Dipartimento di Giustizia, secondo il quale le loro azioni sarebbero «straordinariamente imprudenti», ha deciso di rilasciare il memorandum segreto che accusa il Dipartimento di Giustizia e l’Fbi di abusare della loro autorità nell’investigazione sul Russiagate.

Il voto ha gettato benzina sul già fiammeggiante conflitto tra i due partiti che nel Russiagate trovano terreno di scontro. Con questo voto i repubblicani hanno utilizzato un potere mai usato prima dal comitato, per declassare efficacemente il memo che avevano compilato. È stata una manovra straordinaria, accolta con gioia da Trump, mentre i democratici dicono che il memo, che è in corso di revisione da parte della Casa bianca, è parte dello sforzo per indebolire l’inchiesta che riguarda l’elezione di Trump.

I REPUBBLICANI della commissione si sono giustificati dicendo che la pubblicazione del memo getterà, invece, una luce utile riguardo i pregiudizi politici che potrebbero aver deformato le prime fasi dell’indagine sul Russiagate, senza compromettere la raccolta di informazioni in corso.
Ora l’attesa di tutti è sul discorso di Trump sullo stato dell’Unione, che si terrà alle 21 ora della East coast, troppo tardi per noi; nessuno si aspetta che Trump tocchi il tema del Russiagate, in quello che è il suo primo discorso effettivo da presidente degli Usa.

IL TEMA CHE CI SI ASPETTA verrà affrontato è la prevedibile propaganda sull’America First, ma ci si aspetta anche la richiesta di uno sforzo bipartisan ai democratici per far passare il pacchetto sulle infrastrutture che aveva promesso in campagna elettorale. Altri temi probabili saranno la crisi del consumo di oppiacei, la politica estera, e la crisi con la Corea del Nord; atteso il passaggio su Dreamers e immigrazione, specie dopo che, con una mossa a sorpresa, il governo ha rimosso il divieto d’ingresso negli Usa per i rifugiati provenienti da 11 paesi considerati «ad alto rischio».

Kirsten Nielsen, segretario Usa per la Sicurezza interna, ha specificato che la misura «risponde all’obiettivo di rendere più difficile per gli ‘stati canaglia’ approfittare del nostro programma sui rifugiati». I Paesi interessati dal provvedimento sono Egitto, Iran, Iraq, Libia, Mali, Corea del Nord, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Siria e Yemen. La confutazione del discorso di Trump da parte dell’opposizione è stata affidata dai democratici a Joe Kennedy, nipote di Bob Kennedy e stella nascente del partito. La dinastia, dunque, continua.