Seguire le relazioni tra Cina e Stati uniti nel loro momento più basso (almeno dal post Tian’anmen) è un esercizio alla ricerca di barlumi di potenziali cooperazioni all’interno di un confronto che pare irrimediabilmente compromesso.

La distanza tra le due parti non pare colmabile, in questo momento, non tanto per le dimensioni del solco, quanto per una palese mancanza delle parti a risalire quel fossato. Pechino e Washington, fuori dalle cronache centrali, nutrendo per lo più gli osservatori costanti del loro oscillare, sembrano due bulletti pescati a picchiarsi, allontanati l’uno dall’altro e intenti a sbeffeggiarsi e insultarsi alla prima occasione utile.

Dalla visita in Cina – a Tianjin – della vice segretaria di Stato americano Sherman, si può dedurre uno stallo completo. Il «papello» presentato da Pechino per una ripresa di condizioni ideali per il dialogo appare totalmente fuori dalle possibilità americane, perfino se alla Casa bianca ci fosse l’intenzione di ricucire (cosa che non è realistica perché è ormai evidente quanto Biden non abbia alcun progetto di diminuire la sua intensa politica anti cinese).

Il vice ministro degli esteri cinesi Xie Feng ha ha fornito due liste agli Stati Uniti: una – come riportato dal South China Morning Post – «con un’azione correttiva che Washington deve intraprendere nei confronti della Cina e l’altra con una serie di preoccupazioni di Pechino». Nella prima lista le richieste sono le seguenti: l’abolizione delle restrizioni sui visti per i membri del Partito comunista, le loro famiglie e gli studenti cinesi; revocare le sanzioni imposte a leader, funzionari governativi e agenzie cinesi; rimuovere le restrizioni agli Istituti Confucio e alle società cinesi; annullare le sentenze che classificano i media cinesi come agenti stranieri; rinunciare alla sua richiesta di estradizione di Meng Wanzhou (la boss della divisione finanziaria di Huawei) dal Canada. Nella lista delle preoccupazioni ci sono il trattamento ingiusto dei cittadini cinesi negli Usa, «le molestie nei confronti dell’ambasciata cinese e dei suoi consolati, l’aumento del sentimento anti-asiatico e anti-cinese e la violenza contro i cittadini cinesi».

Xie ha poi affermato che la parte cinese ha anche «espresso la sua forte insoddisfazione per le osservazioni e le azioni sbagliate degli Usa in relazione alle indagini sulle origini di Covid-19, Taiwan, Xinjiang, Hong Kong e il Mar cinese meridionale».