Sei piante femmine a testa, che producano un massimo di 480 grammi l’anno ciascuna; oppure, l’iscrizione a un club di amanti dell’erba, con un numero di membri compreso tra i 15 e i 45, in cui si condivida il raccolto di 99 piante l’anno; oppure, la tessera del tossicofilo e un bonus da 40 grammi al mese da comprare in farmacia. In questi termini, la Camera dei deputati dell’Uruguay ha approvato alle prime ore di ieri la riforma della legge 14.294 sugli stupefacenti, che, se otterrà anche l’ok del Senato, permetterà di fare ricerca sulla cannabis, di usarla a scopo curativo e di fumarla senza troppi problemi una volta raggiunta la maggiore età.

Alle 10 circa del 30 luglio, la coalizione di governo e di centrosinistra, Frente Amplio, è scesa in un’Aula da 99 seggi, con 49 voti in mano. Hanno parlato il primo firmatario della proposta, Sebastian Sabini, il quale ha detto che quello che si stava discutendo non era una legalizzazione, ma «una regolamentazione del mercato della droga», ovvero «una via di mezzo come alternativa agli schemi proibizionisti o liberali», il cui scopo era soprattutto «combattere il narcotraffico» e «tutelare la salute». Gli hanno risposto dall’ala destra onorevoli come Gerardo Amarilla, nazionalista, per cui nel testo di legge «si sarebbe potuto sostituire tranquillamente la parola cannabis con cocaina o pasta base di coca e la logica sarebbe stata la stessa».

E poi è arrivato il turno di Dario Perez, il deputato di centrosinistra dalla cui unica volontà dipendeva l’esito di tutta la votazione. Perez si è alzato in piedi davanti agli occhi di una Camera attenta e ha detto: «La marijuana è una merda con o senza la legge. È nemica dello studente e del lavoratore», poi si è seduto ed ha votato sì.

Se sia stato per disciplina di partito, per la convinzione, a suo dire, che «il prossimo presidente dell’Uruguay sarà Tabaré Vazquez e lavorerà sodo per educare i giovani»; per il recente ingresso in Parlamento di un ddl che regola il consumo d’alcol o forse piuttosto per la consapevolezza che un’insubordinazione davanti al Frente Amplio gli sarebbe costata la possibilità di correre sotto questi colori al Municipio di Maldonado, solo Perez lo sa. Sta di fatto che, con un sistema fiscale quasi paradisiaco e molte vacche al pascolo, l’Uruguay conferma oggi di meritare il soprannome di «Svizzera del Sudamerica» che gli attribuiscono i vicini di casa, tra cui potrebbe diventare il primo a produrre e vendere legalmente l’erba.

Ora la parola passa al Senato, dove si presenta uno scenario simile a quello della Camera: 15 senatori più il presidente, Danilo Astori, per il centrosinistra e 15 senatori per il centrodestra. Quindi, se uno del Frente Amplio dirà no, il progetto tornerà in commissione mista. Stando a quanto ha fatto sapere ieri il socialista Julio Bango, la legge dovrebbe arrivare alla camera alta più o meno per ottobre: «Mi sembra che un termine di tre mesi sia una tempistica adeguata per il Senato».

Anche se poi il Parlamento si risolvesse per un sì definitivo, resta la minaccia del referendum abrogativo paventata ieri dagli onorevoli Sander e Alonso, ma si sta già parlando di una prospettiva tecnicamente meno probabile, a cui andrebbe aggiunta la variabile di ciò che pensa chi tra i 3,3 milioni di uruguaiani ha diritto di voto. Secondo un sondaggio privato, il 63% della cittadinanza sarebbe contro la norma. D’altra parte, Sabini, che l’ha scritta, ha ricordato ieri che il 20% dei suoi connazionali dichiara di aver fatto almeno un tiro da una canna, rollata, nella maggior parte di tutti questi casi, a vantaggio delle mafie del narcotraffico. Sempre secondo dati parlamentari, in Uruguay questo business ha infatti un volume d’affari da 30 milioni di dollari l’anno. A cui però il proibizionismo tuttora vigente ha rotto molto poco le scatole: secondo la Junta Nacional de Drogas, che fa da organo di controllo, nel 2012 sono state sequestrate poco meno di 12 tonnellate di marijuana in tutto il Paese, una quantità praticamente identica al 2011. Nello stesso periodo di tempo, però, l’ufficio ha registrato anche «un aumento significativo nel consumo» di quella che considera la terza droga più usata, dopo l’alcol e il tabacco.

«Questa proposta non vuole essere un esempio per il mondo, né per la regione – ha detto ieri Sabini – ma solo dare una risposta ai problemi della nostra popolazione». Alla quale, in caso di varo della legge, saranno offerte campagne educative sui rischi, il divieto di fare pubblicità alla marijuana o di guidare dopo averne consumata. Per chi stesse pensando di prendere un aereo per Montevideo, però, c’è una fatidica nota dolente: gli stranieri non potranno, almeno legalmente, comprare la ganja di Stato uruguaiana.