L’esito deludente delle elezioni regionali e municipali di domenica scorsa in Bolivia non poteva non produrre tensioni all’interno del Movimiento al Socialismo.

Dopo il trionfo sulle forze golpiste del binomio Arce-Choquehuanca alle presidenziali dello scorso ottobre, il Mas si attendeva un consolidamento delle proprie posizioni sul territorio. Invece ha perso consensi un po’ ovunque, anche a vantaggio di candidati di destra o apertamente golpisti.

A SCRUTINIO quasi ultimato, il partito ha conquistato già al primo turno tre dipartimenti su nove – quelli di Cochabamba, Oruro e Potosí – e potrebbe ancora farcela in quello di La Paz, mentre andrà di sicuro al ballottaggio a Chuquisaca e a Pando. Ma molto peggio è andata nelle capitali dipartimentali, con un bottino finale di due sole vittorie su nove: a Sucre e a Oruro e in entrambe per un soffio.

Di fronte all’innegabile sconfitta, dall’interno del Mas sono partite dure critiche ai vertici del partito, insieme alla richiesta di un congresso nazionale («per lavare i panni sporchi») e di un rinnovo della direzione. Critiche che naturalmente investono prima di tutto Evo Morales, tuttora presidente del partito, benché non siano molti a chiamarlo in causa direttamente. Lo fa però, e senza alcun timore reverenziale, il fondatore ed ex dirigente del Mas Román Loayza, che gli suggerisce vivamente di riposarsi per cinque anni.

«SE EVO CONTINUERÀ a comandare, il fallimento è sicuro». E fallimentare, secondo l’ex console in Argentina Antonio Abal, è senza dubbio la strategia perseguita dall’ex presidente di un avvicinamento alla classe media, «non salutare né per la coerenza ideologica del Mas, né per un progetto politico a lungo termine».

Ma sotto accusa sono finiti anche i cosiddetti dedazos, cioè le imposizioni dei candidati da parte dei vertici, con conseguenze particolarmente disastrose a El Alto, dove il partito ha pagato carissimo la scelta di sacrificare Eva Copa, sostenuta dalla base, a favore di un candidato (Zacarías Maquera) che non godeva della fiducia della gente.

Ed è proprio il caso di Eva Copa, vincitrice per il partito Jallalla, che continua a far discutere. «Com’è che Adriana Salvatierra, che ha rinunciato alla presidenza del Senato al momento del golpe, è stata premiata con una candidatura, mentre Eva Copa, che ha rischiato di persona nel momento più difficile, è stata messa di lato?», ha contestato la ex vicepresidente del Mas Concepción Ortiz, evidenziando la necessità di una «profonda analisi interna».

Lei, la nuova sindaca di El Alto, a cui alcuni settori del Mas non hanno risparmiato nessuna accusa, neppure quella di lavorare per la Cia – ma a cui sono giunte anche le congratulazioni della ministra della cultura Segundina Flores – evita qualsiasi polemica con l’ex partito.

E anzi rivolge a Evo Morales un ringraziamento – per averle dato l’opportunità di entrare nella scena politica con il Movimiento al Socialismo – e un consiglio: «Ascolta il popolo. Non permettere a questa gente che ti sta intorno di continuare a ingannarti».

DALLE CRITICHE della base non si salvano comunque neppure due ministri: quello dell’Interno Eduardo del Castillo e quello della Giustizia Iván Lima, l’uno e l’altro accusati di non aver dato continuità ai processi contro esponenti del governo golpista, in particolare rispetto ai massacri di Senkata e Sacaba.

E intanto salgono a quattro gli ordini di arresto contro ex capi della polizia e dell’esercito, l’ultimo dei quali è stato spiccato nei confronti dell’ex comandante generale delle Forze armate Williams Kaliman, quello noto per il decisivo «suggerimento» a Morales di dimettersi.