Speranza, scetticismo e anche indifferenza: c’è un po’ di tutto rispetto alle elezioni in cui, oggi sabato 15 e domani 16 maggio, la popolazione cilena è chiamata a scegliere sindaci, consiglieri comunali e governatori regionali, ma, soprattutto, a votare per la formazione della Convenzione che avrà il compito di redigere la nuova Carta costituzionale. Un voto che segue il plebiscito del 25 ottobre scorso, quando otto votanti su dieci si erano pronunciati per mandare al macero la Costituzione di Pinochet, con un’affluenza poco più alta del 50%, ma comunque superiore a quella di tutte le elezioni realizzate a partire dal ritorno della democrazia.

C’è la speranza di chi individua in questo processo la possibilità di introdurre sassolini negli ingranaggi dell’ultraliberista sistema cileno e c’è la diffidenza di quanti lo interpretano come un’impostura ordita dal governo, con la complicità di tutti i partiti, per mantenere lo status quo. Ma, per quanto si tratti di elezioni tra le più importanti della storia recente del Cile, c’è anche una buona dose di indifferenza: secondo un sondaggio Ipsos, solo il 42% della popolazione «è sicuro» che si recherà alle urne e meno della metà sa cosa c’è in gioco in tale processo.