Delle uova contaminate con l’insetticida fipronil sono state trovate ieri anche a Hong Kong. Lo scandalo europeo si estende così persino all’Asia. Ufficialmente il caso è iniziato il 20 giugno scorso: quel giorno il Belgio ha avvertito la Commissione europea di aver reperito la presenza dell’insetticida, il cui uso è proibito su animali a destinazione alimentare. A dare l’allerta era stato un allevatore, il 2 giugno scorso. Ci sono volute ben cinque settimane perché l’informazione arrivasse alla Commissione. Lo scandalo si è subito esteso all’Olanda, che si è rivelata essere l’epicentro della crisi. Poi l’inchiesta è risalita alla Romania, a una società che fornisce prodotti veterinari. In tutto, quindici paesi della Ue sono implicati, vittime la maggior parte, ma in alcuni casi anche colpevoli: uova o prodotti a base di uova al fipronil sono state reperite negli ultimi giorni in Italia (ma il governo smentisce), dopo Germania, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia, Austria, Gran Bretagna, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, oltre alla Svizzera. In nemmeno due mesi, milioni di uova e tonnellate di “ovoprodotti” (venduti sotto firma liquida, in polvere, secchi o congelati), destinati all’industria agro-alimentare, sono stati distrutti in Europa.

Lo scandalo ricorda quello delle “lasagne alla carne di cavallo” del 2013. Con le uova, come con la carne, all’origine c’è una truffa. Una giovane società olandese prometteva di sradicare per almeno otto mesi i pidocchi rossi dagli allevamenti intensivi di polli grazie a un prodotto miracoloso: il Dega 16 a cui era stata aggiunta una dose di fipronil. La società olandese si era rifornita in Romania, poi aveva esportato in Belgio. Poi gli scambi commerciali hanno fatto il resto, diffondendo il prodotto in tutta la Ue e oltre. In Olanda ci sono già degli arresti, due dirigenti della società Chickfriend, che è al centro dell’inchiesta, fermati giovedì, mentre in Belgio ci sono state 11 perquisizioni e ci sono 26 sospetti. In Belgio a luglio sono stati sequestrati 6mila litri di fipronil. L’attività di decine di allevamenti è stata bloccata (un quarto di quelle che operano in Belgio). In Olanda sono già stati eliminati più di 300mila polli contaminati e l’operazione continua, anche in altri paesi.

La truffa è iniziata molto prima della sua rivelazione. Fin dal novembre 2016 il fipronil circolava negli allevamenti di polli, a cominciare dall’Olanda, primo esportatore agricolo europeo (secondo a livello mondiale). Ma le inchieste nazionali sono andate al rilento e ogni paese ha cercato di nascondere il problema, per non danneggiare la propria industria locale. È come al solito il costo della “non Europa”, la mancanza di un’autorità europea indipendente, non sottomessa a conflitti di interesse nazionali. Ieri la Commissione ha annunciato la convocazione di una riunione tra i paesi coinvolti e le rispettive agenzie di controllo della sicurezza alimentare, ma potrà aver luogo solo il 26 settembre, «quando l’insieme dei fatti sarà a nostra disposizione».

La prima reazione della Commissione dopo lo scoppio dello scandalo (cioè più di un mese dopo le prime informazioni) è stata ieri di assicurare che Bruxelles «continua a seguire da vicino le ultime evoluzioni della situazione». La Commissione ricorda che «le questioni legate alla salute pubblica e alla sicurezza alimentare sono prioritarie e come tali devono essere trattate». Esiste nella Ue un «sistema di allerta rapido per le derrate alimentari e gli alimenti per animali» concepito per favorire «scambi rapidi di informazioni» tra paesi e agenzie sanitarie dei singoli stati, ma «il sistema di controllo» resta nazionale. Così il Belgio ha accusato l’Olanda di non aver detto niente e l’Olanda ha rivolto le stesse accuse al Belgio. «Dobbiamo lavorare assieme – ha avvertito ieri il commissario alla Sanità Vytenis Andriuaitis – trarre le lezioni necessarie e andare avanti, invece di sprecare energie a designare colpevoli».

Il secondo elemento che ha causato l’estensione dello scandalo è la complessità dei circuiti di prodotti nell’agro-alimentare. Romania, Belgio, Olanda, poi Germania e tutti gli altri paesi, un andirivieni di prodotti che rende difficile scoprire le truffe e rallenta le indagini.

A complicare le cose c’è la presenza di molti intermediari e un’industria agro-alimentare che cerca di abbattere i costi in ogni modo. I meccanismi di sorveglianza sono deboli. Anche in questo caso, come già per la carne di cavallo nelle lasagne, le autorità nazionali hanno prima di tutto cercato di minimizzare, sempre per limitare i danni economici del nuovo scandalo. «In ogni crisi sono stati commessi degli errori, ed è così anche in questo caso» ha ammesso tardivamente la ministra della Sanità olandese, Edith Schippers. Per il ministro belga dell’Agricoltura, Denis Ducarne, l’Olanda è colpevole di aver sottovalutato le prime informazioni ricevute: «Quando un paese come l’Olanda, uno dei principali esportatori di uova la mondo, non trasmette questo genere di informazioni, è un vero problema». In Francia, dove la truffa è stata rivelata nell’ultima settimana e ha coinvolto per il momento 5 società francesi di ovoprodotti (su 80), il ministro dell’Agricoltura Stéphane Travert, si è premurato di sottolineare che «non siamo di fronte a uno scandalo sanitario, ma a una frode».