La Storia è passata per il Lago Trasimeno, 70 anni fa, e nelle notti tra il 19 e il 21 giugno 1944 la gente ha saputo cosa fare.

Il 20 giugno Perugia veniva liberata dalle forze alleate sostenute dal fondamentale intervento delle brigate partigiane umbre. Poco più a Nord, sulle sponde del lago Trasimeno protagonisti di un’azione riscoperta da poco tempo dagli storici erano i pescatori dell’Isola Maggiore. «Tra il febbraio e l’aprile del 1944, le leggi del regime fascista contro gli ebrei si inasprirono – ci spiega Giovanni Dozzini, autore del libro “L’uomo che manca” e ora impegnato in un romanzo di prossima pubblicazione che racconta l’azione dei pescatori – Molti ebrei di Perugia erano riusciti a darsi alla macchia o a nascondersi. Ventisei erano invece stati catturati e internati prima all’istituto magistrale di Perugia, e poi nel castello sull’Isola Maggiore su ordine del prefetto fascista Rocchi. Il Lago era ancora sotto il controllo tedesco».

Un castello ormai abbandonato, convento francescano trasformato in maniero dal marchese Guglielmi nel XIX secolo: «A guardia c’erano fascisti guidati da Luigi Lana. All’epoca l’isola non era certo un covo di partigiani o cospiratori, anzi, erano molti i fascisti che risiedevano nella zona. I tedeschi erano di stanza a Tuoro, cittadina lungo il Trasimeno, e non erano a conoscenza della presenza dei 26 ebrei. Fino al giugno 1944: la linea del fronte stava salendo velocemente, l’avanzata alleata costringeva i tedeschi a spostarsi verso Nord. Il 14 giugno i soldati tedeschi uccisero tre isolani per puro sfregio. Il timore che di lì a breve ci sarebbero state rappresaglie delle SS contro gli ebrei internati stava montando». Aumentavano i rastrellamenti, gli isolani erano certi che di lì a poco gli ebrei prigionieri sarebbero stati deportati. «Il 19 giugno 15 pescatori si organizzano: rotti gli indugi, decidono di intervenire per liberare gli ebrei – continua Dozzini – A bordo di due imbarcazioni i pescatori, aiutati da Don Ottavio Posta, parroco dell’isola, organizzano la traversata. Partiti dall’Isola Maggiore, trasportano gli ebrei liberati nella zona di Castiglione del Lago, sulla sponda già liberata dagli alleati».

Tra loro il giovane Bruno Meoni, futuro sindaco comunista di Castiglione del Lago, militante negli anni dell’occupazione nazi-fascista della piccola brigata partigiana Macchie-Sanfatucchio. «A tal proposito le fonti si contraddicono: la morte di tutti i protagonisti di quella vicenda e l’interesse tardivo degli storici non permette di avere informazioni chiare – ci spiega Dozzini – I contorni della storia restano fumosi: c’è chi dice che l’azione fu organizzata dai partigiani, chi dal solo parroco che da novembre del ’43 faceva la spola tra Perugia e il Trasimeno per portare in una bottega del centro i messaggi delle famiglie ebree nascoste. Ciò che è certo è il ruolo dei pescatori che, per pura solidarietà umana, decisero di mettere a rischio le loro vite».

Due anni fa l’ultimo pescatore ancora in vita, Agostino Piazzesi, è morto. In una video-intervista rilasciata poco prima ricorda quella notte: «Eravamo 220 anime, tutti pescatori, sull’Isola Maggiore. C’era tanta miseria. Quei 26 ebrei arrivavano dalla famiglie più ricche di Perugia, i Coen, i Levi, i banchieri, i petrolieri. Sapevamo che i tedeschi li avrebbero cacciati, iniziava a avvicinarsi il fronte. Ci furono battaglie, tanti morti. Cominciarono le rappresaglie delle SS sull’Isola, non ho mai visto un tedesco senza pistola. Noi avevamo preso dei fucili al castello Guglielmi, reagimmo. Era già troppo che vivevamo in quelle condizioni. Notte tempo con don Ottavio decidemmo: ‘Facciamolo’. Sapevamo chi vogava meglio e scegliemmo i pescatori. Cinque barche aspettavano sotto al castello. Ne caricammo tre per ogni barca e iniziammo il viaggio. Erano tutti sdraiati, la paura era tanta. Sentivamo i colpi di mitragliatrice e bazooka, le pallottole passavano vicino alla testa. La scena più bella è stata quando abbiamo toccato terra, il lago si era un po’ ritirato e c’era fango: tutti a saltare, saltare in mezzo a quel fango. L’emozione più bella, per loro era la liberazione. Lo facemmo con la volontà di salvare delle persone anche se era pericoloso. Ho guardato sull’elenco telefonico tante volte, per curiosità: ancora esistono? Non li ho mai chiamati, abbiamo solo fatto il nostro dovere. Era un dovere».

A raccontare l’eroismo dei pescatori dell’Isola Maggiore è anche uno spettacolo teatrale del 2013, «L’Isola degli Uomini», del regista e attore Stefano Baffetti: si tratta di un monologo di un’ora nel quale si narrano le gesta di persone semplici, di un piccolo bordo sull’acqua, che sfidano quasi con ingenuità un regime disumano. Tra le testimonianze utilizzate da Baffetti quella del pescatore Agostino Piazzesi. Nello spettacolo, la voce fuoricampo di Agostino fa da sfondo al monologo a tratti comico, a tratti tragico, di Baffetti. «Questa storia è rimasta nell’oblio per troppo tempo e quando è finalmente emersa molti dei suoi protagonisti erano morti – ci spiega il regista – Ma al di là di tutto, ciò che resta è l’atto eroico di persone semplici, di 15 pescatori che decisero di mettere a repentaglio la loro vita per salvare degli sconosciuti. L’Isola Maggiore era all’epoca un piccolo borgo, improvvisamente attraversato dalla storia. Quelle persone non batterono ciglio quando si trattò di agire. È questo il messaggio che intendo mandare: il fascismo può tornare in qualsiasi momento, spetta a noi assumerci la responsabilità che quei 15 pescatori si presero senza timore».

Tra il 19 e il 22 giugno 2014, a 70 anni esatti da quella notte, lo spettacolo «L’Isola degli Uomini» sarà riproposto durante il Festival «Music For Sunset», in programma all’Isola Maggiore (www.musicforsunset.it). Un’occasione per ricordare un atto semplice, eroico, di solidarietà umana e sfida all’oppressione.