Anno dopo anno il Festival di Roma (16-25 ottobre all’Auditorium parco della musica) alla sua nona edizione evidenzia le sue caratteristiche sempre più popolari: quest’anno, immaginiamo complice anche la crisi, i premi del festival saranno assegnati da una giuria popolare. Inoltre si lavora ad accostare per la prossima edizione il festival di cinema a quello televisivo, in sostanza a integrarlo prossimamente con il Roma Fiction Fest.

Ancora una volta è una questione di risorse e di immagine. In più l’ingresso del Mibact nella manifestazione dovrebbe servire anche a dare una maggiore stabilità economica, alimentata inoltre dagli altri sponsor come la Bnl, la Camera di Commercio nonostante i tagli imposti dalla pubblica Amministrazione.

Altra movimentazione economica è sempre attesa come ogni anno dal Mercato suddiviso in The Business Street con incontri e scambi tra gli operatori del settore e New Cinema Network, appuntamento delle coproduzioni.

Marco Müller, direttore artistico del Festival, come anche ha fatto lo scorso anno ci tiene a sottolineare la specificità di questa festa del cinema, che offre «spazio ai grandi film popolari ma singolari e centralità del pubblico» equidistante dalle date della mostra dii Venezia e del festival di Torino oltre che immediatamente precedente al Mipcom di Cannes e opportunamente distante dall’American Film Market.

In apertura di festival un incontro emblematico in quanto a popolarità: a Tomas Milian, amatissimo interprete di western e polizieschi sarà consegnato il premio Marc’Aurelio Acting Award, dedicato «agli attori e alle attrici che hanno portato ai massimi livelli la tecnica della recitazione» premio consegnato da Sergio Castellitto, che l’ha voluto come protagonista del suo nuovo film. Milian sarà poi al centro di una masterclass con il pubblico. Incontreranno il pubblico con altre masterclass: Clive Owen, Walter Salles e Jia Zhangke, Wim Wenders, Brad Anderson, Asia Argento, Park Chan-wook, Kevin Costner, Takashi Miike e Geraldine Chaplin.

Pensati anche per il grande pubblico i film di apertura e chiusura, le due commedie Soap Opera di Alessandro Genovesi (il regista di La peggior settimana della mia vita, Il peggior Natale della mia vita), che coinvolge coinquilini di un condominio nella notte di Capodanno, con Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Ricky Memphis, Elisa Sednaoui, Chiara Francini, Ale e Franz, Diego Abatantuono e Andiamo a quel paese di Ficarra e Picone, storia di due disoccupati siciliani con una trovata per uscire dalla situazione.

Il programma (51 film in selezione ufficiale con 24 prime mondiali) è stato suddiviso in quattro settori: «Cinema d’oggi» («autori affermati») tra cui Aleksej Fedorcenko con Angeli della rivoluzione, Joao Botelho con I maya, scene di vita romantica, Pasquale Scimeca con Biagio, Alessandro Piva con I milionari e un interessante panorama di cinema latinoamericano, con l’Argentina di Luis Ortega (Lulu), l’esordio di Hernan Rosselli (Mauro), il Perù di Hector Galvez (Nn), il Brasile di Gregorio Graziosi (Obra), la sezione «Gala» («film popolari ma originali») come il nuovo atteso film di Gianni Di Gregorio Buoni a nulla, Gone Girl di David Fincher, Come vogliono gli dei di Takashi Miike (nella foto una scena del film), The Knick di Soderbergh, «Mondo genere» sezione di film appartenenti ai diversi generi e «Prospettive Italia» (in programma anche Elisabetta Sgarbi con Due volte delta, Gaetano Di Vaio con Largo Baracche, Filippo Vendemmiati con Meno male è lunedì), più 22 retrospettive e restauri.

A Takeshi Miike sarà assegnato il Maverick Director Award, il premio dedicato agli autori «fuori dagli schemi» e Miike certamente ha rivoluzionato il cinema popolare giapponese («ogni suo film è una corsa scatenata dentro un immaginario visionariamente poetico e sorprendentemente politico» nota Marco Müller).

Il premio Marc’Aurelio del futuro sarà assegnato a Aleksej Fedorcenko, il regista siberiano di Primi sulla luna, Spose celesti dei mari della pianura. Nel film che presenta al festival Angeli della rivoluzione si racconta di una combattente comunista e cinque artisti metropolitani partiti a indottrinare gli sciamani delle popolazioni indigene.