Non finisce mai di stupire il teatro di Eduardo: ogni volta si scoprono nei suoi testi nuovi significati, valori profondi, e più crudeli sentimenti: in un repertorio che è stranoto e conosciuto, ma che ogni volta rivela un acume e una grandezza davvero senza pari. Tutto questo è risaputo, ma ogni volta lo spettatore è felice di averne scoperto un po’ di più. Ora capita con un testo tra i primi scritti da De Filippo, che torna in scena con la compagnia «di famiglia», fondata dal figlio Luca (coproduttrice con il Teatro della Toscana), dopo essere stato un po’ trascurato sui palcoscenici.
Ditegli sempre di sì (al teatro Ambra Jovinelli fino a domani e poi in tour) è un luogo comune, una frase fatta del gergo familiare, che qui viene però adottata per trattare un distinto signore che matto è per davvero, nel senso di certificato dai medici. Tanto che torna libero alla vita civile, a casa della sorella, dopo un anno di ricovero in uno di quelli che una volta si chiamavano manicomi. E questa banale situazione diventa acuminato strumento di indagine nel nostro parlare (o meglio straparlare) quotidiano. E anche nei rapporti sociali e familiari, e nei comportamenti su cui usualmente il linguaggio può esercitare la sua distorta e venefica influenza. E quindi anche sulle convenzioni, sul perbenismo, sulle parentele e sul vicinato.

PERCHÉ quello che dovrebbe essere il «matto» in realtà non fa che dare significato immediato e consequenziale a tutto quello che gli viene detto, in maniera lineare, e senza cadere nella trappola di doppi sensi e metafore, di allusioni e false condiscendenze. In un crescendo che ben presto rovescia la situazione. Prima nell’interno familiare, con annessi coinquilini, domestica e subaffittuario (un meraviglioso e pasticcione aspirante poeta e teatrante che ci rivela le doti di un giovane attore, Edoardo Sorgente, vero «reciproco» del matto),e poi in un pranzo fuori porta di una comitiva sempre più bizzarra che non controlla minimamente il linguaggio.

UNA VERA «orchestra di follia» (i cui tempi sono dati dalla regia di Roberto Andò), che dietro l’insensatezza del parlare collettivo e dei rapporti che questo esprime, consegna al protagonista l’immagine assoluta del migliore. Che con grande felicità ed efficacia prende corpo in Gianfelice Imparato, un attore ormai straordinario nella sua consapevole ricchezza espressiva. Carolina Rosi impersona la sorella, prima vittima e praticante del Ditegli sempre di sì, in una compagnia affiatata quanto divertita e divertente nello scoprirci dove risieda davvero la follia.