Ad Ancona, una trentina di senza casa e attivisti per il diritto all’abitazione hanno occupato uno stabile disabitato in via Cialdini, nel centro del capoluogo marchigiano, denominandolo «Casa de’ nialtri 2.0», perché in continuità con l’occupazione invernale di un’ex scuola materna, chiamata appunto «Casa de’ nialtri».
L’esperienza invernale, iniziata sotto Natale, il 22 dicembre, e finita con uno sgombero militarizzato all’alba del 5 febbraio scorso, ha saputo raccogliere il sostegno di partiti, centri sociali, associazioni e centinaia di cittadini, nonché di intellettuali locali e nazionali, come Dario Fo, Ugo Mattei, Aldo Nove e Wu Ming, tanto da trasformarsi in un libro. Casa de’ nialtri. Storia di un’occupazione (ed. Italic/peQuod, pp. 100, euro 12) è il racconto dei 44 giorni di occupazione dell’ex scuola materna di via Ragusa, da parte di un collettivo formato perlopiù da «persone disperate, rimaste senza lavoro, senza casa, molti senza famiglia».
Memoriale prezioso, questo instant book è un documento di micro-storia che, sebbene provenga dall’ottica particolare di una cittadina di provincia, testimonia perfettamente i riflessi materiali, sulla carne viva, delle dinamiche di esclusione che caratterizzano la società globalizzata. Al centro ci sono loro: i migranti senza casa provenienti da mezzo mondo – Afghanistan, Algeria, Burkina Faso, Costa d’Avorio, India, Marocco, Nigeria, Niger, Pakistan, Portogallo, Repubblica Domenicana, Romania, Somalia, Sudan, Tunisia – e i nostri stessi connazionali, finiti in miseria. Soggettività diverse, anche conflittuali, che «si sono trovate unite a partire da un bisogno primario, la casa. Un diritto prima ancora che politico e sociale, umano», come sottolineano gli Autori vari dell’opera.
I protagonisti di quest’avventura antagonista avevano alle spalle storie tanto «allucinanti», secondo gli Autori, quanto «emblematiche della situazione sociale del Paese»: migranti arrivati con le imbarcazioni di fortuna a Lampedusa e altri ormai stanziali; cittadini occupati nell’edilizia che, «con la crisi del comparto hanno perso prima il lavoro e poi la casa», alcuni dei quali costretti a dormire nel proprio camion, «di giorno alla disperata ricerca di un qualcosa da fare, di notte rannicchiati dentro l’unica cosa di proprietà rimastagli»; ma anche quattro italiani, tutti maschi, di cui uno impiegato come bidello in una scuola superiore.
A sostenere questi moderni «miserabili» è stata una collettività variegata: anarchici e Sel, Centri sociali e Pdci, associazioni di estrazione cattolica e non, assieme a «vecchi» militanti dei movimenti. Questa compagine antagonista ha provato a contrapporre la legittimità dell’occupazione sociale di un edificio pubblico abbandonato alla legalità, che «tutela i forti a discapito dei deboli.
Casa de’ nialtri è un racconto corale, che rimanda al realismo indignato dei nostri grandi narratori, da Hugo a Silone fino a Steinbeck e oltre. Questo piccolo diario riesce a mantenere, come quegli scrittori, lo sguardo puntato e concentrato sulle condizioni dei poveri, di chi è costretto a cercare ricoveri di fortuna per sopravvivere. Tuttavia, i protagonisti della grande narrativa realista erano singoli individui o tutt’al più famiglie, mentre in questa «storia vera», in questo diario si tratta di estranei, che hanno provato a creare una comunità sperimentando, anche grazie ai progressi della democrazia partecipativa, una sorta di anti-epica della solidarietà, ovvero un’epica senza bisogno di eroi.