Le marce su Roma, l’assedio del Quirinale, le dimissioni del governo e i processi di piazza. Per ora è tutto rimandato alla prossima occasione, se ci sarà. Gli elettori abbandonano Beppe Grillo imponendogli uno stop che, se verrà confermato, inchioda il Movimento 5 stelle sotto 25%, una percentuale inferiore a quella ottenuta alle politiche di un anno fa. Un risultato deludente, viste le aspettative della vigilia, lontano anni luce dalle speranze del leader e del suo socio Gianroberto Casaleggio già pronti a prendersi tutto, a chiedere a Napolitano di lasciare libero il posto e a dar vita a un governo a cinque stelle, per non parlare poi dello sfacelo promesso in Europa. E che invece sono costretti a prendere atto di una realtà molto diversa. Segno che il populismo non paga, che le battute fanno sì ridere, ma alla fine non creano posti di lavoro né rilanciano l’economia. E dimostrazione anche che un anno passato in parlamento senza portare neanche un risultato utile per chi ti ha votato, non passa impunito. Adesso, se nel frattempo la notte non avrà cambiato tutto e disegnato altri risultati per il M5S, Grillo dovrà ripensare seriamente la politica del movimento. Oppure andare a casa lui, come ha più volte promesso durante la campagna elettorale.

Un avvisaglia dello tsunami che stava per abbattersi sul M5S, e del fatto che le cose sarebbero andate in maniera diversa dai sogni a cinque stelle di Grillo e Casaleggio, si è avuta con il primo exit poll delle 23, a urne appena chiuse. Tutti si aspettavano quasi un testa a testa tra Pd e M5S e invece, a sorpresa, i primi dati raccontano una storia diversa. Il M5S viene dato al 26,5% contro il 33% secco del Pd. Un buon risultato, ma non lo sfondamento previsto. Con il secondo exit poll arriva la conferma, ma in peggio, con i grillini scesi al 25,5% e il partito di Renzi salito al 34,5%. Infine la prima proiezione colloca i 5 stelle a poco più del 22% e anche se riguarda il 5% delle sezioni, e quindi un campione quasi irrilevante, sembra quasi la sentenza dell’insuccesso.

Se confermati, questi dati segnano qualcosa in più di uno stop del movimento. E’ la sconfitta delle politica voluta da Grillo, che ha cercato la sfida con Matteo Renzi per cui se il primo avesse vinto l’altro sarebbe dovuto andare a casa. E invece i 7 punti percentuali (ma alcune previsioni ne segnano addirittura 19) rappresentano una trincea insuperabile per i grillini e la sicurezza massima per il governo. Tanto più che, come sembra, anche il Ncd di Alfano dopo aver ballato per un po’ sulla soglia del quorum alla fine sembra avercela fatta.

«L’obiettivo è vincere e fare qualcosina in più del Pd», diceva nel pomeriggio a cronisti Grillo mentre si recava a votare nella sua Genova. Senza dimenticare però di ricordare, prudentemente, come «le cose possono essere tutto e il contrario di tutto». Da animale politico di razza qual è, però, il leader forse aveva già capito che il vento stava cambiando, E così prima di trasferirsi a Milano a casa di Casaleggio per seguire i risultati delle elezioni, fa dettare alle agenzie un comunicato con cui annulla la conferenza stampa indetta per oggi a Milano, che verrà sostituita da un video messaggio.

In serata nell’hotel all’Eur scelto dal movimento come quartier generale, e dove probabilmente ci si preparava a una notte di festeggiamenti, tira invece un’aria da funerale. Niente dichiarazioni e tutti chiusi in una stanza per un summit dove a prevalere sono soprattutto le facce scure, e al quale partecipano, oltre ai cinque candidati alle europee, i deputati Roberta Lombardi e Manlio Di Stefano e il senatore Nicola Morra. «Sarà una lunga notte», è l’unica frase che Roberta Lombardi concede ai giornalisti. Una notte lunga e senza stelle.