Ne consumiamo quasi 30 milioni al giorno solo in Italia: le cicche per i milanesi, le gomme per i romani; in Sicilia diventano cinghe e in Piemonte sono le cicles. Le gomme da masticare (o chewing gum) sono onnipresenti nelle nostre borse, in auto, o sulla scrivania. Chissà cosa ci troviamo di tanto irresistibile: non saranno certo le 11 calorie all’ora che bruciamo masticandole, o il fatto che farlo aiuti a non piangere mentre peliamo le cipolle. Eppure sembra proprio che non possiamo farne a meno, considerato che ogni anno nel mondo se ne consumano 100 mila tonnellate.

Peccato che spesso, dopo essere state assaporate, masticate e «lavorate» in bocca fino a perdere del tutto il loro aroma, le amate gomme finiscano per terra imbrattando marciapiedi, panchine, tavoli pubblici e persino i nostri vestiti (o i capelli). Internet pullula di blog con soluzioni per rimuovere resti di gomme dai tessuti – la più gettonata è metterli in freezer, peccato che non si possano congelare le suole delle scarpe!

C’E’ CHI L’HA PRESA CON FILOSOFIA, e con un po’ di ironia: Ben Wilson ha trasformato le brutte macchie nere di gomma spiaccicata sull’asfalto in piccole opere d’arte colorate, disseminate nelle strade di Londra. Una soluzione sicuramente simpatica ma poco utile per risolvere il problema fondamentale: i chewing gum non solo sporcano, ma inquinano, perché la gomma di cui sono fatti non viene riciclata.

L’usanza di ruminare un chewing gum, a dispetto della fama mondiale che questo piccolo anti-stress abbia ottenuto nell’ultimo secolo, viene da tempi molto più antichi, quando la mastica veniva utilizzata per le sue doti curative – celebrate da Ippocrate più di 2000 anni fa e confermate dalla scienza moderna. Questa resina, densa ed elastica, era ottenuta dai lentischi dell’isoletta di Chios, al largo della Turchia nel Mar Egeo. Aromatica e rinfrescante, questa pasta era perfetta da masticare, appunto, ma anche totalmente naturale e biodegradabile. A parte le ripercussioni positive delle gomme sul nostro corpo, nel suo documentario Dark Side of the Chew (letteralmente «Il lato oscuro del masticare», uscito nel 2014), Andrew Nisker espone quelli negativi, oltre che fare un excursus nella millenaria storia di questo alimento.

RISALGONO A 5000 ANNI FA NELL’ATTUALE Finlandia ritrovamenti che fanno pensare che si usasse già masticare la resina delle betulle come passatempo. Ma anche nel continente americano gli Aztechi avevano simili costumi: masticavano infatti un miscuglio di lattice dell’albero di acra e catrame aromatico, una pasta collosa detta tzictli. Le gomme moderne nascono nel 1848, quando John B. Curtis progettò un prototipo fatto con resina d’abete rosso e cera d’api. Nel 1866 Thomas Adams ebbe poi l’idea di produrre dei confetti a base di resina di albero di chicle bollita e tagliata in piccoli quadratini. Nessun aroma aggiunto fino al 1871, quando, preceduti dal gusto liquerizia, gli aromi di frutta o menta che, a inizio ‘900, hanno reso i chewing gum un vero e proprio tormentone negli Stati Uniti e in tutto il mondo. E’ il 1928 quando l’idea di colorare le gomme venne a Walter Diener: da qui le classiche cicche rosa, ma anche più elastiche e morbide in modo da poterci fare le bolle.

MA COME DICEVAMO, LE ATTUALI GOMME da masticare non hanno quasi più nulla di naturale: eccetto le poche a base di gomma arabica, sono infatti quasi sempre un mix di aspartame e materiali plastici derivati del petrolio. Questo le rende ovviamente non biodegradabili, con un tempo di dissoluzione nell’ambiente che si aggira intorno ai 5 anni. Le possibili soluzioni alla questione sono varie e creative. C’è chi ha pensato di risolvere il problema alla radice tornando alle origini, come Chicza, una marca che supporta i chicleros, lontani discendenti dei Maya che oggi sono associati in cooperative per produrre gomme ricavate dal chicle. Biodegradabili, queste gomme sono commestibili anche una volta gettate nell’ambiente, quando possono essere mangiate da uccelli e altri animali.

CHI PERO’ NON RIESCE A RINUNCIARE ai chewing gum tradizionali ma si chiede come evitare di inquinare, potrebbe aver trovato la risposta: Gumdrop è un’azienda pensata e fondata con lo scopo di riciclare le gomme da masticare prima che finiscano per terra, calpestate e annerite. Lo scopo di Gumdrop non è tanto eliminare l’abitudine di masticare cicche, o peggio puntare il dito contro chi lo fa – anzi, sul sito si trova persino un simpatico test per scoprire che tipo di masticatore sei. Gumdrop semplicemente vuole dare l’opportunità ai cittadini di tenere le proprie strade più pulite e, allo stesso tempo, di riciclare il prodotto masticato fino all’ultima goccia di aroma rimasto. Il Gumdrop – affiancato dal Gumdrop on the go, da attaccare al mazzo di chiavi per averlo sempre con sé – è un cestino a forma di bolla rosa fatto apposta per gettare le gomme «usate».

Una volta pieno, viene riciclato insieme a tutto il suo contenuto per produrre il Gum-tec®, uno speciale tipo di plastica da cui ottenere altri Gumdrop, oltre che una creativa linea di prodotti come frisbee, spazzole per capelli, contenitori per il pranzo, righelli, e molto altro.

LA COMPAGNIA, NATA A LONDRA, distribuisce per ora sono nel Regno Unito – potreste aver avvistato uno di questi palloncini rosa fucsia all’aeroporto di Heathrow o a Gatwick, o persino a Legoland! – ma si dichiara pronta ad espandere la sua rete. Già partner di varie università e organizzazioni nel Regno Unito, l’azienda è in cerca di visionari imprenditori che sposino la causa e prendano parte a questo movimento con i loro progetti. Gumdrop invita tutti a pensare a nuovi modi di utilizzare il materiale ottenuto dal riciclaggio delle gomme. Masticarle, tra l’altro, favorirebbe la concentrazione – chissà che non ci aiuti a trovare idee per questo nuovo curioso settore.