Watch Dogs possiede il fascino voyeuristico di pellicole come La Conversazione di Francis Ford Coppola e Omicidio a Luci Rosse di Brian De Palma e, laddove le sue dinamiche ludiche più orientate verso il gioco d’azione fatto di inseguimenti e sparatorie si diluiscono in una silente e solitaria pratica spionistica, anche la grandezza.

È degno di nota che questo gioco si svolga a Chicago, metropoli poco frequentata dai videogame ma territorio d’eccellenza di notturne e criminali storie noir. Watch Dogs reinventa l’epopea dei gangster nell’era di internet riuscendo a ripristinare le atmosfere più cupe, antieroiche e urbane del classico genere hollywoodiano. Il soggetto quasi plausibile e così poco fantascientifico del gioco di Ubisoft, uscito per le console della vecchia e della nuova generazione e per PC, ci racconta di Aiden Pearce, un criminale ma non troppo le cui gesta hanno causato la morte della nipote, e del suo conseguente desiderio di vendetta.

Una storia dalle premesse poco suggestive e trite che si dissolverebbe nella polvere della noia se il misantropo e triste protagonista non fosse un super-hacker dal talento immenso, una persona in grado di controllare attraverso uno smart-phone modificato tutta la città e di spiare la psiche digitale dei suoi abitanti. Il telefono di Aiden è il fulcro dell’attività videoludica e sebbene possiamo impugnare anche fucili, mitra e pistole è la sua arma più potente: se i nemici o la polizia ci inseguono hackeriamo i controlli di un ponte affinchè questo si sollevi o facciamo in modo di cambiare i colori delle luci di un semaforo in modo da creare il caos; se dobbiamo passare inosservati possiamo sfruttare le telecamere di sicurezza per studiare un percorso che ci renda invisibili…

Le possibilità di hackeraggio sono molteplici e trasformano Aiden Pearce in un personaggio onnipotente come un super-eroe ma sinistramente credibile.Aiden Pearce è un anti-eroe anarchico che lotta contro il sistema usandone le stesse meschine armi di controllo e spetta al giocatore decidere se trasformarlo in un Robin Hood o in uno squallido ed egoista assassino, un serial-killer sconclusionato o un giustiziere della notte.
Sebbene le scelte etiche possano sembrare ininfluenti queste instaurano una relazione intima e segreta con la coscienza di chi gioca proprio perché il rapporto con la cittadinanza numerica che percorre le strade di Chicago è più coinvolgente di tutti quelli intrattenuti in videogame del genere, dove di solito gli abitanti appaiono come manichini senza anima.

Qui, attraverso i dati che Pearce hackera, possiamo vedere in linea generale quali siano le pulsioni, gli orientamenti, il passato e il ruolo nella società delle persone che incrociamo per strada. In una maniera che sarebbe superficiale se non fossimo in un videogame, ne conosciamo l’anima. Mai una città virtuale è sembrata così viva e palpitante di esistenze come quella di Watch Dogs.Lo stupefacente affresco metropolitano di Watch Dogs è un quadro che si muove e in cui le figure che vi sono dipinte sono costrette a parlare e a raccontare se stesse, ipnotizzate loro malgrado da un mesmerico osservatore guardone.

Il maggiore pregio o il peggiore difetto di Watch Dogs, dipende dall’indole e dalla sensibilità del giocatore, è che ci riporta in maniera violenta e immediata alla realtà, quando altri giochi ce ne astraggono dolcemente. Watch Dogs non è una momentanea, divertente e rilassante fuga dal presente, ma una web-cam interattiva che spia un presente neanche troppo alternativo.

Non è solo per il verismo spinto ma per il grigiore quotidiano di cui è dipinto un mondo dove social-network e telefonate eterne diventano l’unica forma di comunicazione, per i computer e le telecamere che ci osservano, per la superficialità diffusa e il consumismo sfrenato e ladresco che vi emana, per la violenza meschina e diversissima da quella più arcade e ludica di un Grand Theft Auto.

Accendendo la console e giocando sembra proprio di guardare un «oggi» solo vagamente distorto dalla qualità grafica cross-generazionale dell’opera Ubisoft.Non privo di impegno e di interessanti speculazioni politiche che ricordano alcune intuizioni teoriche sull’era del controllo centralizzato della notevole serie televisiva Person of Interest, Watch Dogs è un videogame i cui meriti superano comunque gli innegabili difetti, come un’insistita e spesso monotona ripetizione delle situazioni, lo scarso carisma di personaggi importanti ma poco approfonditi, un sistema di conduzione dei veicoli talvolta frustrante e una trama che si azzera e perde di mordente annacquata in ore e ore di missioni secondarie.

Tuttavia Watch Dogs è un’opera nuova, coraggiosa e a suo modo rivoluzionaria nell’accostarsi ad un genere videoludico che si ripete uguale da anni mutando solo nella grafica, una tragedia corale e democratica dove anche il cittadino elettronico più anonimo possiede una sua dignità di «essere» e la condanna di una vittima, un saggio post-dickiano su una tecnologia che è pericolosa solo quando non si conosce, un trattato sulla solitudine micidiale nell’epoca dei network sociali, un avvertimento sul rischio di un sistema completamente computerizzato.
Lo scopo più alto di Watch Dogs non è solo quello di divertire, ma quello di ammonire e, sebbene sia un colossal, lo fa con gravità.