Il fascismo sta tornando? E se in realtà non se ne fosse per certi versi mai andato? Se si vuole dare un significato concreto alle riflessioni che stanno facendo seguito alle azioni squadristiche compiute dai “naziskin” a Como e da Forza Nuova davanti la redazione di Repubblica, solo gli ultimi di una lunga serie di atti intimidatori, provocazioni e violenze riconducibili all’estrema destra, si dovrà cercare di rispondere in modo articolato all’interrogativo che da giorni attraversa il dibattito pubblico.

Questo perché l’«onda nera», lungi dal rappresentare una sorta di eccedenza, per quanto violenta e minacciosa, costituisce un fenomeno strettamente legato alle trasformazioni vissute dalla società italiana negli ultimi decenni. Trasformazioni di cui è allo stesso tempo un esito e un sintomo.

In un paese dove la lunga crisi economica ha prodotto, come ricordato dal recente rapporto del Censis, un sentimento dominante contrassegnato da un «rancore» che non si trasforma in conflitto sociale e spinge invece gli individui a cercare facili capri espiatori per il proprio malessere, alimentato concretamente per i più giovani da percentuali di disoccupazione che sfiorano il 40% – uno scenario sociale che ricorda in modo sinistro proprio il programma di un movimento di estrema destra -, non basta più allarmarsi per quanto sta avvenendo, ma vanno costruiti antidoti solidi e di lungo corso.

E, da questo punto di vista, non si può evitare di interrogarsi innanzitutto su quanto abbia contribuito o meno ad isolare e ostacolare questo “ritorno” dell’estrema destra l’adozione anche da parte del campo del centrosinistra di un vocabolario dell’emergenza e della repressione, ad esempio su rom e migranti, lungo un asse temporale che va dalle campagne sui nomadi dell’allora sindaco di Roma Veltroni, fino al pacchetto Minniti, passando per l’«aiutiamoli a casa loro» di Renzi.

Riflettere su quanto detto e fatto fin qui da tutti è tanto più necessario nel momento in cui si intende valutare il contesto complessivo nel quale questi fenomeni sono prosperati. Contesto che è quello nel quale si è andata affermando fin dai primi anni Novanta una sorta di egemonia politica, culturale e simbolica della destra.

Infatti, non ci si può dimenticare di come il moltiplicarsi di segnali che rimandano apertamente all’eredità politica e simbolica del fascismo faccia seguito al processo di “normalizzazione” della vicenda storica del Ventennio che si è lungamente operata nel nostro paese, anche tramite il rassicurante mito degli “italiani brava gente”, e che ha trovato la sua espressione politica più visibile nella strategia del cosiddetto “centrodestra”.

Tra le eredità più sottovalutate, ma non per questo meno perniciose, del berlusconismo vi è non solo lo “sdoganamento” degli eredi politici del fascismo sconfitto, in particolare dell’Msi, ma l’annuncio che anche per quella via lo spazio politico “a destra della destra” potesse essere pienamente legittimato, fino ad assumere una qualche connotazione pop, come indica l’emergere di ogni sorta di “fascisti del terzo millennio” o di riferimenti allo “squadrismo mediatico”.

Il secondo elemento da considerare riguarda il fatto che questi ambienti estremisti, portatori però di un inquietante radicalizzazione di un senso comune segnato, per quanto detto, dal risentimento e dall’intolleranza verso l’“altro”, hanno spesso rappresentato una specie di sponda giovanile dello stesso blocco guidato dal Cavaliere.

Dalla denuncia del’«invasione» dei migranti, fino all’idea che per questa via si attui una «sostituzione di popolo», fino all’evocazione del «prima gli italiani» per la gestione di ciò che resta del welfare, il lessico del rigetto che mescola allegramente razzismo, paranoia e teorie del complotto, che si è imposto nel nostro paese indica evidenti assonanze tra le parole d’ordine adottate da formazioni quali Forza Nuova, Casa Pound, Lealtà e Azione e Veneto Fronte Skinheads, solo per citare le più note, e la “destra ufficiale”.

A ciò si devono aggiungere alleanze e collaborazioni, locali o nazionali, politiche o elettorali, di cui l’apertura della Lega di Salvini all’estrema destra non rappresenta che l’ultimo episodio, nella prospettiva della costruzione di una sorta di destra plurale cui non sono stati estranei perfino gli ambienti degli stessi skinheads visti in azione a Como.

La conseguenza più drammatica di questa situazione è stata la sistematica rimozione del tema della violenza dell’estrema destra, tornata invece in auge proprio grazie a questo clima.

Eppure, dagli omicidi di Davide Cesare, “Dax”, Renato Biagetti, Nicola Tommasoli, uccisi tra il 2003 e il 2008, fino alla caccia all’uomo contro i migranti avvenuta nel centro di Firenze nel 2011, e conclusasi con l’assassinio di due ambulanti senegalesi e alla morte del cittadino nigeriano Emmanuel Chidi Namdi, morto in conseguenza dell’aggressione razzista subita lo scorso anno a Fermo, fino alle decine di aggressioni subite da antifascisti e migranti, la recente storia italiana testimonia di come militanti e simpatizzanti neofascisti o giovani cresciuti in quella sottocultura razzista sempre più diffusa nel paese, abbiano tradotto tragicamente in pratica le parole d’ordine dell’odio e della sopraffazione cui è stato consentito di affermarsi.

Se il fascismo sta “tornando”, qualcuno gli avrà pure aperto, e da tempo, la porta.