Il 28 dicembre scorso il governo giallo-verde ha pubblicato un decreto molto importante per le università: quello sui cosiddetti «punti organico». Ogni dipendente (docente e personale tecnico-amministrativo) e il rispettivo livello di inquadramento corrisponde a un equivalente in punti organico: un professore ordinario corrisponde a 1 punto; un associato a 0,70 punti; un ricercatore varia da 0,40 (per quelli di tipo A) a 0,50 punti (per quello B, a un passo dal posto vero e proprio); i tecnici-amministrativi non superano 0,65 punti.
Quest’anno i punti sono 2.038 e regoleranno il ridotto turn-over tra il personale che va in pensione e quello che può essere assunto (ricercatori in attesa di diventare associati o per essere rinnovati) esentato dal blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione fino a dicembre 2019.Alle università «più meritevoli» (in cima alla lista quest’anno ci sono Bergamo, Politecnico di Milano, Milano Bicocca , Varese Insubria, Milano Statale, Catanzaro, tra le altre) andranno più posti. A quelle meno “meritevoli” molti di meno, anche se è garantito di assumere almeno per il 50% dei punti organico. Il restante 50% della torta è distribuito in base ai bilanci “virtuosi”. Dunque tutto a posto? Non proprio. Come tutti i meccanismi della concorrenza – nell’università, dove si cerca di essere più squisiti, la chiamano «meritocrazia» – la gara è truccata.

Siamo nel 2012, il governo Monti sistematizza il pilastro della legge Gelmini varata nel 2011: gli atenei non possono decidere sul proprio turn-over. Lo decide il decreto del governo basato un meccanismo curioso: i pensionamenti avvenuti in un ateneo possono essere conteggiati come il turn over di un altro ateneo, a condizione che quest’ultimo abbia un bilancio più virtuoso dell’altro. E non importa se il primo ateneo conta, anch’esso, su una buona amministrazione delle risorse. È un caso limite nella pubblica amministrazione è resa più odiosa dal fatto che i parametri dipendono dall’aumento delle tasse degli studenti. è la legge più iniqua: se vuoi assumere un docente, devi tassare di più lo studente.

In base a questa legge, il Miur e il governo premiano gli atenei che tassano di più gli studenti obbligando così quelli che mantengono le rette ancora basse ad aumentarle. È un modo semplice, e classista, per peggiorare la condizione già gravemente squilibrata degli atenei. Puoi essere un buon amministratore, ma non conta. Chi più spreme gli studenti viene celebrato nel campionato della meritocrazia. E come ogni anno, anche il primo della stagione populista, è stata trasferita da Sud al Nord una quota preziosa della merce di scambio calcolata in «punti organico». Quest’anno dal centro e dal sud Italia, in particolare Roma Sapienza, Federico II a Napoli e Palermo, sono stati trasferiti agli atenei del nord, rispettivamente, 55 e 85 punti organico. È come se 280 ricercatori dovessero abbandonare gli atenei meridionali per essere trasferiti nelle più ricche università settentrionali” ha scritto Beniamino Cappelletti Montano sulla rivista online Roars. È solo l’ultima goccia del mare di risorse rifluite al Nord. Da quando Monti perfezionò il sistema, in sei anni sono stati calcolati 500 punti organico, cambiando strutturalmente la ricerca e la formazione nel nostro paese. Montano presenta un paio di esempi significativi: i due atenei «virtuosi» della Federico II e Udine. Dal confronto, uno di tanti possibili, i napoletani sono maltrattati con solo l’83% del turn-over, mentre ai colleghi friulani va il 113%. Impressionante la differenza tra l’università degli stranieri di Siena e Pavia: alla prima va un turn-over del 663%, alla seconda solo il 94%. «Si continua a non considerare che siamo il paese in cui le tasse universitarie sono tra le più alte in Europa e gli studenti esonerati dal pagamento rappresentano solo il 13% contro il 32% della Francia e il 30% della Spagna secondo l’ultimo rapporto Eurydice – sostiene Alessio Bottalico, coordinatore nazionale di Link Coordinamento Universitario – Pur essendo le condizioni economiche uno dei motivi che escludono gli studenti dal frequentare l’università, si continua a spianare la strada verso un’università classista».

In un ordine del giorno presentato nel 2013 i Cinque Stelle avevano chiesto una riforma più equa della ripartizione dei punti organico. Intento ribadito nel programma elettorale del 2018. Intenti scomparsi alla prima prova di governo. Lo chiamavano «cambiamento».