Dopo averla rasa al suolo con i tagli (1,1 miliardi), il blocco del turn-over e del reclutamento all’università è praticata la tecnica della goccia cinese. Già nella legge di bilancio dell’anno scorso il governo presieduto ancora per poco da Matteo Renzi finanziò mille posti precari per ricercatori per gli atenei e enti di ricerca. Quest’anno la penosa spartizione delle briciole prosegue: in manovra forse ne saranno finanziati 1500 o 1615, l’80% dei quali saranno precari all’università. Li chiamano «Ricercatori a tempo determinato di tipo B – RtdB».

Nel burocratese universitario significa che dopo tre anni scadono. E poi dovrebbero essere assunti, seguendo la «tenure track». Se al termine di questo nuovo precariato avranno conseguito l’abilitazione. Se gli atenei avranno i fondi per «chiamare» un concorso. In un tempo di magra questo non è detto, soprattutto se i governi continuano a finanziare solo le posizioni da «Rtdb», assegni di ricerca e progressioni di carriera dei ricercatori già strutturati e dei prof associati. È una differenza sostanziale tra creare nuovo precariato – o meglio allungare il precariato già cospicuo per altri tre anni ai pochi che resistono fino ai 40 anni inoltrati – e creare una posizione fissa che possa permettere di fare ricerca e didattica.

Dalle prime analisi che stanno emergendo la risposta è: dopo i maxi-tagli i micro-fondi stanziati servono ad allungare il precariato. Il finanziamento del precariato è stato presentato come una «linfa vitale» immessa dal governo in un sistema al collasso. L’espressione vagamente miracolistica è stata usata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Nel rapporto «Save Research (and researchers) – Salvate la ricerca (e i ricercatori)» – presentato ieri al Senato da Sinistra Italiana – è emerso un bilancio degli effetti della «riforma» Gelmini e dei «rimedi» adottati in seguito. Dal 2010 a oggi le università hanno assunto solo 2.295 «RtdB» a fronte di 14.492 pensionamenti (dati del 2015). Dei 42.787 assegnisti di ricerca che dal 2010 hanno provato ad accedere all’università italiana solo il 3,1% è passato al gradino superiore. 39.664 persone sono state espulse. Altre 1.326 lo saranno l’anno prossimo.

Sono stati presentati anche i dati del rapporto su «Docenza e precariato in Italia, senza più linfa vitale» aggiornati al 2 novembre. L’associazione dei ricercatori a tempo determinato (AteD) sostiene che gli «RtdB» assunti sono in totale 2492, 517 nel 2017. Il 31% di loro non sono «stabilizzati»perché non hanno conseguito l’abilitazione o perché gli atenei non hanno i fondi. Quanto al governo Gentiloni le assunzioni del 2018 non copriranno i pensionamenti del 2017: 1709.

La beffa finale: i posti finanziati per l’università saranno poco più di mille, ancor meno quelli per gli enti di ricerca che in queste settimane sono tornati a chiedere con forza di risolvere il problema delle stabilizzazioni.

«Chiediamo risorse per stabilizzare tutti i precari del mondo della ricerca» ha detto Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). «Con qualche bonus a scelta tra quelli inventati da Renzi – ha detto Pippo Civati (Possibile) – i precari dell’università e degli enti di ricerca sarebbero assunti. I soldi ci sono». Di nuovi ricercatori ne servirebbero 20 mila. Fissi.