Negli ultimi sei anni sono stati persi 8500 docenti universitari. Questa è la denuncia del presidente del Consiglio nazionale universitario (Cun) Andrea Lenzi che ieri, durante un convegno alla Sapienza di Roma, ha descritto uno degli effetti derivanti dall’applicazione della riforma Gelmini negli atenei italiani. Il numero degli insegnanti è giunto ormai al minimo storico: dai 20 mila professori ordinari nel 2006, oggi lavorano nelle aule universitarie 14.500, il 27% in meno. Dal 2008 gli associati sono passati da 19 mila a 16 mila (-16%). Quanto ai ricercatori, messi su un binario morto dalla riforma Gelmini, sono 22.462.

L’Agenzia nazionale per la valutazione della ricerca universitaria (Anvur) sta ultimando la valutazione delle abilitazioni nazionali per professori associati e ordinari. Al momento, comunica il Cun, sulle 36.367 domande giunte da ricercatori e precari per professori associati sono stati abilitati in 15.502, il 42,6%, e su 16.038 domande per professori ordinari sono stati abilitati 6.960 associati, il 43,4%. L’intero processo è ancora al palo per la semplice ragione che mancano i fondi per procedere al bando dei concorsi locali (altro regalo di una «riforma» che avrebbe voluto istituire selezioni «meritocratiche» quando in realtà affida alle corporazioni universitarie lo stesso ruolo decisionale nella spartizione dei posti. Il Cun chiede al prossimo governo di «reperire le risorse per il reclutamento».