Olio extravergine italiano, voto ai sedicenni e finanziamento pubblico ai partiti. Niente unioni civili. Per tutto il giorno sul blog di Beppe Grillo, visitato a intervalli regolari da quanti nel Pd cominciano a nutrire qualche timore sul comportamento in aula dei senatori del Movimento 5 stelle, non è comparso alcun accenno alla giornata delle manifestazioni #svegliatitalia. Nelle piazze italiane la partecipazione dei grillini alla mobilitazione non è stata certo in prima linea: qualche raro esponente di primo piano (il senatore Airola), il candidato sindaco di Bologna, altri rappresentanti locali. In serata una dichiarazione del vicepresidente della camera Luigi Di Maio è apparsa particolarmente cauta: «Continueremo a votare la legge sulle unioni civili, ma ci sono due cose da spiegare agli italiani. La prima è che questa legge non ha nulla a che fare con le adozioni. La seconda è che il Movimento non fa nessun accordo con il Pd».

Cautele e osservazioni che si aggiungono a un altro avvertimento, sottolineato proprio da Airola: «Il testo Cirinnà non dev’essere depauperato». Perché la preoccupazione dei 5 Stelle è che alla fine possa venir fuori una legge al ribasso che servirebbe solo a Renzi «per sventolarla come una bandierina». Il Pd dunque è avvertito, cercare di inseguire contemporaneamente il voto dei centristi e quello dei grillini può rivelarsi rischioso. Dal voto segreto potrebbero uscire pessime sorprese per la maggioranza. Vero è che i 5 Stelle non possono affondare a cuor leggero una legge che fin qui hanno sostenuto e della quale conoscono la popolarità tra gli elettori, in particolare i loro elettori, ma eventuali modifiche al ribasso offrirebbero qualche argomento per tirarsi indietro. E potrebbe alla fine prevalere la preoccupazione espressa da Di Maio: non bisogna aiutare il Pd in difficoltà. Soprattutto dopo che il Pd ha montato il caso Quarto. D’altra parte i democratici hanno preso nota di quanto è appena accaduto, sempre al senato, in commissione lavori pubblici. Dove i 5 Stelle pur di fare uno sgambetto al partito di Renzi hanno votato per confermare la presidenza del berlusconiano Altero Matteoli, malgrado il senatore stia per essere processato per corruzione – in altri casi motivo di anatema per i grillini.

La conta dei ministri in piazza dovrebbe finire con un pareggio, uno a uno. Se ieri Marina (Pd, Politiche Agricole) era in piazza della Scala a Milano, sabato prossimo Galletti (Area Popolare, Ambiente) sarà al Family Day. E se le piazze di #svegliatitalia hanno potuto contare sulla presenza di un sottosegretario (Scalfarotto, Pd) e un viceministro (Della Vedova, gruppo misto), al Circo massimo di Roma sabato prossimo arriverà la solidarietà «con il cuore» del ministro dell’interno Alfano e dell’alfaniana ministra della salute Lorenzin. Il disegno di legge arriverà invece in aula giovedì 28 gennaio, le prime sedute saranno dedicate al voto sulle pregiudiziali di costituzionalità. Nel frattempo – martedì – il gruppo Pd del senato avrà fatto un punto sugli emendamenti.
Sono circa seimila e per scavalcarli il presidente del senato Grasso dovrà far scattare il trucco del «canguro» già sperimentato in difesa delle riforme renziane (Costituzione e legge elettorale). A preoccupare il governo sono gli emendamenti dei cattolici del Pd che sarebbero sicuramente votati dai centristi e dall’opposizione di destra. La ricerca di una mediazione è su tre punti: cancellare ogni riferimento indiretto alla famiglia (articolo 29 della Costituzione) e riportare la «specifica formazione sociale» dell’unione civile nella cornice dell’articolo 2 (uguaglianza). Prevedere un periodo di «prova» per l’adozione del figlio del partner e ribadire che la decisione finale resta del giudice. Dichiarare solennemente in un ordine del giorno che la pratica della gestazione per altri è contro la legge. Una volta messe a punto, le modifiche potrebbero prendere forma in un emendamento-premessa a firma Lumia da far votare per primo in modo da blindare il testo nel prosieguo della discussione. Anche questa una pratica affinata nella battaglia d’aula sul Italicum e riforma costituzionale. Ma le somiglianze finiscono qui perché in questo caso il governo, per non rischiare, si rimetterebbe all’aula.