La sua sfortuna è di correre in parallelo al ddl costituzionale e per questo forse la legge sulle unioni civili non vedrà mai la luce, destinata come sembra a restare inchiodata in commissione Giustizia del Senato. Ieri Sel ha provato a sbloccare il testo chiedendo nel corso della riunione dei capigruppo di incardinare il provvedimento in aula per lunedì prossimo in modo da sottrarlo così alla lunga agonia a cui è sottoposto in commissione dalle centinaia e centinaia di emendamenti presentati da Ncd e Fi. Proposta che è però subito naufragata per l’opposizione del Pd. Un rifiuto che ha scatenato la reazione di Sel, del M5S e degli ex grillini convinti che i democratici usino i diritti delle persone omosessuali come merce di scambio per il via libera del partito di Alfano alle riforme. «Hanno difficoltà a tenere il Ncd e allora usano strumentalmente il ddl sulle unioni civili», accusa la senatrice Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto al Senato. E a dimostrazione di come la situazione sia ormai logora, c’è da registrare anche il voto espresso dalla relatrice della legge, la senatrice dem Monica Cirinnà, che in dissenso dal suo gruppo si è detta favorevole perché il testo venisse esaminato subito dall’aula.

E dire che solo lunedì scorso, durante la direzione del partito, era stato lo stesso Matteo Renzi a chiedere di accelerare l’esame del ddl. Parole che però non hanno avuto alcun seguito al Senato dove anzi il Pd si è mosso in direzione contraria rispetto alle indicazioni date. «Al Pd delle unioni civili non frega niente», afferma il M5S, con il senatore Alberto Airola che rincara la dose accusando proprio il Pd di aver «chiuso in fretta e furia i lavori della seduta per andare a vedere la Juventus».
Ad alzare ulteriormente la tensione ci ha pensato poi il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, che in un’intervista ha accusato Sel per l’opposizione al ddl costituzionale. «Certo il rischio ora, anche per le migliaia di emendamenti di Sel, è che slittino le unioni civili, che noi volevamo approvare prima del 15 ottobre», ha detto. Un’accusa «vergognosa», replica De Petris. «Da mesi chiediamo che il ddl approdi in aula per essere discusso e se non è successo è solo perché il governo non ha avuto coraggio. E’ un tentativo bambinesco e ognuno si dovrebbe assumere le proprie responsabilità».

Inutile dire che in questa situazione il più felice di tutti è il Ncd che vede allontanarsi sempre più una possibile approvazione del ddl Cirinnà. Degli oltre 1.400 emendamenti che ha presentato ne restano ancora da discutere più di mille e il tempo stringe. Il 15 ottobre comincia infatti la sessione di Stabilità che dovrebbe comprendere anche le unioni civili visto che il testo prevede una spesa da parte dello stato per la reversibilità della pensione del partner. Se la commissione non licenzia per quel giorno, la promessa fatta da Renzi di avere il ddl approvato entro la fine dell’anno sarà definitivamente mancata. Impossibile, al momento, anche solo immaginare che il Pd cambi verso e approvi il testo, approfittando magari della maggioranza che avrebbe votando con Sel e M5S. Tanto più che ora il Ncd punta a cancellare un altra parte importante del provvedimento come le stepchild adoption, la possibilità di adottare il figlio del partner. Una pratica diffusa in Europa che nulla ha a che vedere con la gestazione assistita (che la destra continua a chiamare «utero in affitto») ma che il Ncd vuole abolire ritenendola una via per arrivare alle adozione per i gay.

I senatori Gabriele Albertini, Nico D’Ascola e Carlo Giovanardi hanno proposto ieri di inserire nel ddl nuove norme che puniscano con pene da 600 mila euro a due milioni e con la reclusione fino a 4 anni chiunque faccia ricorso al commercio di embrioni o gameti e l’impiego di «utero in affitto» da parte di singoli o di coppie sia etero che omosessuali.