I patti di convivenza, per tutti i cittadini greci, sono legge dello stato ellenico. La Voulì, il parlamento di Atene, ha dato luce verde alla legge, con 193 sì, 56 no e 51 astenuti. A favore si sono espressi tutti i parlamentari di Syriza, quelli dell’area progressista e di centro dei socialisti del Pasok, quelli del Fiume e i parlamentari dell’Enosi Kendròon, l’Unione di Centro. Un no secco è invece arrivato dai comunisti ortodossi del Kke – che hanno definito le convivenze gay «una questione privata» – e dai neonazisti di Alba Dorata. I partner di governo di Syriza, i Greci indipendenti, si sono spaccati: sei hanno mantenuto l’atteggiamento negativo iniziale, mentre tre (tra cui la ministra del turismo, Elena Koundourà), si sono espressi a favore. Infine, il partito di centrodestra, Nuova Democrazia, si è diviso tra astensione, rifiuto dell’estensione dei diritti civili alle coppie gay, e appoggio della nuova legge.

Al momento dell’annuncio del risultato della votazione, tanto in piazza Syntagma, fuori dal parlamento, quanto tra il pubblico, molte coppie presenti, gay ed etero, si sono baciate per festeggiare. «Ciò che sarebbe dovuto essere considerato da tempo ovvio, prima della fine del 2015 è riuscito a diventare legge», ha titolato la stampa vicina a Syriza. «L’estensione dei diritti individuali e sociali rafforza sempre e ovunque la democrazia» ha commentato la nota analista politica Katerina Akrivopoùlou. La legge prevede l’estensione del diritto all’assistenza sanitaria, i pieni diritti di successione e la reversibilità della pensione. Esattamente come avviene nel matrimonio. Non viene contemplata, però, la possibilità di adozione e affido, inizialmente presente nel progetto di legge depositato da Syriza che però , non avendo la maggioranza assoluta in parlamento, ha dovuto ricorrere all’appoggio dei socialisti e dei centristi, che avevano sollevato obiezioni sulle adozioni, definendole «un discorso prematuro».

Per la Grecia, comunque, è una svolta, un passo di portata storica, visto che sinora non era stata prevista alcuna forma di tutela per le coppie formate da partner dello stesso sesso. Alexis Tsipras, prendendo la parola in parlamento, ha voluto sottolineare che «si chiude un ciclo di arretratezza e se ne apre uno nuovo, di reale parità di fronte alla legge, di dignità e di rispetto per tutte le differenze». Secondo il leader greco – che ha chiesto anche scusa, a nome delle istituzioni, per il ritardo e l’indifferenza dimostrata negli anni passati dagli esecutivi di centrodestra – « ora il governo e il parlamento greco possono sentirsi, a ragion veduta, orgogliosi».

Non sono mancate, ovviamente, reazioni al limite della crisi di nervi da parte di alcuni ambienti vicini alla chiesa ortodossa. In un comunicato, la federazione ellenica delle famiglie numerose è arrivata a scrivere che «con questa legge vengono totalmente ribaltati i valori, gli ideali e le tradizioni della società della Grecia». Non è mancato neanche un riferimento, ripescato dalle pagine più buie del passato, all’«inversione presente in alcune persone sin dalla nascita».

Il governo di Alexis Tsipras, tuttavia, non si è voluto far impressionare o intimorire, e ha ottemperato, tra l’altro, in questo modo, alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che, con una chiara condanna, aveva chiesto alla Grecia di estendere i patti di convivenza, previsti per le coppie etero già dal 2008, anche alle coppie omosessuali.
« È finita la barbarie sperimentata in prima persona, da chi non poteva stare accanto al proprio compagno nel momento del dolore e della perdita. Una barbarie patita da chi non aveva la legge al suo fianco» ha detto ai cittadini greci Tsipras. Una triste e profonda verità, che riguarda ancora, purtroppo, la realtà italiana.