Il «canguro» per saltare gli emendamenti ostruzionistici è tecnica conosciuta nel parlamento italiano come in altri parlamenti, applicata da decenni e codificata nel regolamento (della camera però, non del senato); eppure di canguro in politica non si sentiva parlare così frequentemente da una trentina d’anni, i primi del mandato presidenziale di Francesco Cossiga, che fu soprannominato «canguro silente» prima di diventare «cavallo pazzo».

L’emendamento del senatore ex liberale ora renziano Andrea Marcucci (01.6000) non è propriamente un «canguro». Di fronte a centinaia o migliaia di emendamenti che variano solo in piccoli dettagli, «canguro» è la scelta di chi presiede l’aula di mettere in votazione solo la parte comune, respinta la quale decadono tutti gli emendamenti, «saltati» con un solo voto. Il presidente del senato Grasso ha già utilizzato questa tecnica, la prima volta durante le votazioni sulle riforme costituzionali, adottandola «per analogia» dal regolamento della camera, malgrado in quel regolamento sia espressamente vietata proprio per le leggi di revisione costituzionale. A un trucco del genere il Pd è ricorso ancora in un successivo passaggio sempre della riforma costituzionale, con l’emendamento Cociancich che sta per diventare il nuovo articolo 55 della Costituzione, riscritto per intero e in un colpo solo per far cadere tutte le (migliaia) di emendamenti degli altri gruppi.

Il precedente più (o meno) illustre dell’emendamento Marcucci è l’emendamento Esposito, che come quello di oggi era infatti «premissivo». E cioè allora sulla legge elettorale, e oggi sulle unioni civili, si mettono in scacco le opposizioni (anche interne) premettendo al vero testo della legge una sorta di riassunto, non a caso rubricato come «finalità e principi». Approvato il riassunto, tutti gli emendamenti che lo contraddicono diventano inammissibili. Nel riassunto di Marcucci è prevista (alla lettera f) la step-child adoption, che dunque non potrebbe più essere cancellata.
Il prezzo da pagare è quello di approvare leggi scritte sempre peggio: l’Italicum oggi comincia buffamente come fosse un romanzo, con un prologo in cui – a cura di Esposito – sono riassunte le finalità della legge elettorale che poi, dall’articolo 2, comincia a essere scritta come si scrive una legge (più o meno).

C’è anche un altro prezzo, del quale si fa carico il presidente del senato che ammette questo genere di emendamenti. È quello di violare i regolamenti parlamentari in base ai quali gli emendamenti «privi di reale portata modificativa» – com’era l’Esposito e com’è il Marcucci – non si possono votare o al limite si votano alla fine, in sede di coordinamento formale del testo.
Ma anche la violazione dei regolamenti è ormai un’abitudine.