Stamattina Conte si presenterà di fronte alle aule prima della Camera e poi del Senato per un’informativa sul Consiglio europeo di venerdì. Non ci saranno voti né mozioni.

A palazzo Madama le previste «comunicazioni del presidente», che avrebbero permesso votazioni, sono state derubricate in «informativa», che invece le proibisce, giovedì scorso con un laconico messaggino della presidente Casellati. Nessuna discussione. Nessuna riunione dei capigruppo.

Un diktat del governo, giustificato dal timore, fondato, che qualcuno, nel caso specifico la senatrice Bonino, forzasse la mano mettendo ai voti una mozione sul Mes. Meglio svicolare con la giustificazione (o scusa) dell’informalità del vertice europeo. Tesi ardita, essendo il vertice convocato da mesi. «Ma è in videoconferenza», ha replicato in aula il M5S. Sic!

Al Senato la proposta di modificare il calendario tornando alle comunicazioni è stata sconfitta, con 19 voti di scarto. Ma il punto, sostiene La Russa, è che il voto del Parlamento prima delle riunioni del Consiglio europeo non è un optional che si possa mettere ai voti. Sarebbe un obbligo, aggirato impugnando l’«informalità» della riunione. Emma Bonino è andata oltre. Ha ricordato che il Parlamento non vota da mesi senza lo scudo del voto di fiducia. Ha accusato il governo di aver cancellato dall’inizio della crisi il Parlamento.

Con la dovuta riservatezza lo ammettono anche nelle file del Pd. Del resto sentir dire in aula da un esponente dei 5S che «non si può attaccare il presidente del consiglio perché così si lede l’interesse nazionale» senza che nessuno trovi da ridire è un bel po’ allarmante.

Il problema di Conte è noto: non è ancora riuscito a trovare una mediazione tra le anime opposte della maggioranza. «I 5S sono in realtà pronti ad accettare il Mes», assicura Renzi, e sarebbe anche vero se non fosse per i guai in casa pentastellata: non si può offrire un’arma simile a Di Battista.

Il premier non rinuncia al suo abituale modus operandi, schierarsi con chi in quel momento gli pare più minaccioso per la stabilità del governo in attesa di una via d’uscita. Dunque a margine degli Stati generali ha ripetuto che «come governo non abbiamo bisogno di prendere il Mes», prendendo così tempo.

Perché la scelta va fatta quando sarà chiaro se altri Paesi chiederanno il prestito. Il lavorio diplomatico è intenso. Regna un certo ottimismo, nonostante la Spagna abbia ripetuto anche ieri di non aver bisogno di quel credito. Alla fine, negli auspici di palazzo Chigi, un gruppetto di Paesi, non solo Spagna e Portogallo, dovrebbe aderire alla linea di credito.

Ma potrebbe essere solo un tipico wishful thinking: ci vuole tempo per verificarlo e comunque perché le richieste di prestito di altri Paesi si concretizzino. È poi chiaro che ai 5S bisogna offrire qualcosa, una vittoria che permetta loro di salvare la faccia.

Potrebbe trattarsi dell’affare Autostrade. Ieri il premier ha fatto la voce grossa: «La proposta di Aspi non è accettabile per il governo e a questo punto il dossier va chiuso». Dichiarazione che va a braccetto con quella su Alitalia: «Abbiamo un progetto. Una newco che però non diventerà un carrozzone di stato».

Stando al ruggito, la vicenda Autostrade dovrebbe chiudersi con soddisfazione dei 5S e costituire il contrappeso per il Mes. Probabilmente non è così. Come Conte intenda «chiudere il dossier» è ignoto ma le voci di Palazzo dicono che il peso dei Benetton sarà ridimensionato però anche che tra questo e la revoca ce ne passa.

Per evitare che il Mes diventi per questa maggioranza quel che la Tav fu per quella precedente servirà altro e dunque serve tempo. Quanto? Dopo l’estate, nei progetti del premier quando in settembre, come ha promesso ieri, presenterà il Recovery Plan per l’Italia. Ma sgusciare per l’ennesima volta dal Parlamento, prima del Consiglio del 9 luglio, rischia di rivelarsi impossibile.

Dopo le informative, Conte tornerà nel pomeriggio a villa Pamphili per gli Stati generali. Per ora si trascinano ma è probabile che l’intervento del presidente di Confindustria Bonomi, oggi, ravvivi l’atmosfera.

Anche troppo.