Il primo caso al mondo di contagio per Ebola fuori dal continente africano ha avuto come scenario Madrid. A contrarre il virus è stata un’infermiera ausiliare precaria di 40 anni dell’ospedale Carlos III, infettata pochi giorni fa mentre assisteva l’ultimo dei due missionari spagnoli contagiati in Africa (entrambi deceduti) e fatti rimpatriare in gravi condizioni a seguito di una decisione arbitraria del governo, che aveva suscitato polemiche e timori per la salute pubblica poi fatalmente avveratisi.

Ora si cerca di capire quali siano state le falle nel protocollo di profilassi, anche se il ministro della Sanità Ana Mato, comparsa l’altro ieri davanti alla stampa, non ha saputo (o non ha voluto) far luce sulla catena di eventi che ha portato al contagio. Di certo ci sono state gravi negligenze nella gestione sanitaria dei due religiosi e dell’allarme seguito al contagio dell’infermiera: la donna – la cui identità non è stata resa nota – è entrata spontaneamente solo lo scorso lunedì all’Ospedale di Alcorcón (periferia di Madrid), dove è giunta a bordo di un’ambulanza non specificamente attrezzata, con personale non protetto. Il ricovero è inoltre avvenuto più di 10 giorni dopo l’ultimo contatto con il missionario (morto il 25 settembre) e 6 giorni dopo aver manifestato i sintomi della malattia; di rientro, per giunta, da una vacanza (non è noto dove) durante la quale si teme che possa aver contagiato altre persone.

Con i buoi ormai scappati dalla stalla i servizi sanitari hanno messo sotto osservazione altre 52 persone, tra personale dell’ospedale di Alcorcón e del Carlos III. Il caso è molto grave e, con il clamore e lo sconcerto, sono arrivate le prime timide ammissioni di colpa: la direttrice generale della salute pubblica Mercedes Vinuesa ha riconosciuto l’errore di non aver isolato preventivamente l’infermiera; nessuna assunzione di responsabilità, invece, da parte del ministro della Sanità, la cui poltrona in queste ore traballa pericolosamente. L’opposizione ne vorrebbe le dimissioni, che, considerate la gravità dei fatti e la passività del ministro, sarebbero opportune: se Mato abbandonasse, sarebbe il secondo nome eccellente a sparire dalla lista dei ministri di Rajoy, dopo quello del titolare della Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón, scivolato recentemente sulla mancata riforma della legge sull’aborto.

L’Unione europea ha già bussato alla porta del ministero di Mato, per chiedere spiegazioni. Per ora – fa sapere il portavoce della Ue – «la Spagna sta raccogliendo dati sui fatti accaduti». In altre parole, prende tempo per arrangiare una versione convincente da esporre alla riunione settimanale (anticipata a oggi per l’occasione) del Comitato europeo per la sicurezza sanitaria, a cui partecipano rappresentanti di tutti gli stati membri. Anche gli occhi dell’Organizzazione mondiale della sanità restano puntati con apprensione su Madrid.