A Torino, si sa, Confindustria non se la passa bene. Dopo l’uscita della Fiat – poi Fca, ora Stellantis – gli industriali del luogo con la sigla Unindustria devono arrabattarsi per tirare su qualche soldo, rimpinguare le esangui casse. E allora quale miglior modo di guadagnare con il bene più ricercato del momento: i vaccini. Partita in pompa magna la vaccinazione nelle aziende, Unindustria Torino ha aperto il suo Centro congressi di via Vela «alla somministrazione ai dipendenti delle aziende associate per i loro familiari». È stato subito un successo: migliaia di lavoratori e lavoratrici che hanno portato con loro anche i parenti.
Peccato che nessuno avesse avvertito i lavoratori che la vaccinazione era grauita per loro e a pagamento per i familiari. Solo dopo la puntura mogli dei lavoratori e mariti delle lavoratrici nonché i figli si sono trovati a dover pagare 50 euro: 25 per la prima dose, 25 per la seconda da fare obbligatoriamente nello stesso posto.
La vicenda da ieri ha rilevanza parlamentare. Il deputato del M5s Sebastiano Cubeddu ha presentato un’interrogazione al ministro del Lavoro Andrea Orlando per chiedere di «disporre gli accertamenti ispettivi necessari e prevenire il verificarsi di ulteriori analoghi episodi». Per Cubeddu la scelta di Unindustria Torino è «una grave violazione del diritto a ricevere assistenza sanitaria gratuita», «rappresenta una grave speculazione sulla salute» e «alimenta sperequazioni, disuguaglianze e disparità di trattamento in base alla condizione economica dei singoli».
Si spera che all’interrogazione non risponda la sottosegretaria leghista Tiziana Nisini, amicissima di Confindustria. Sarebbe una provocazione inaccettabile.