Come si è trasformato, nell’arco degli ultimi due decenni, il contesto economico mondiale? Quali sono state le ragioni profonde che ne hanno determinato le nuove peculiarità? L’epoca caratterizzata dalla vittoria del cosiddetto «ordoliberalismo» e dal trionfo della globalizzazione sta per concludersi? È possibile delineare, ragionevolmente, qualche tratto del nostro prossimo futuro?

LO STORICO ED ECONOMISTA Giulio Sapelli ha raccolto nel suo saggio dal titolo Nella Storia mondiale. Stati, mercati, guerre (Guerini e Associati, pp. 338, euro 24,50) un gran numero di acute analisi e riflessioni attraverso le quali cerca di rispondere a questi interrogativi prendendo anzitutto le mosse da due fenomeni diventati ormai strutturali: la continua crescita delle disuguaglianze e la crisi nella quale versa l’economia sociale, le cui conseguenze colpiscono in particolare il mercato del lavoro.
Riguardo alla situazione che ci troviamo di fronte, lo studioso scrive: «La mia convinzione profonda è che la causa prevalente, la variabile indipendente, insomma, di tutto ciò che è successo risieda nella cultura e non solo nei landscapes simbolici».

In altre parole: alla base di simili, radicali mutamenti sembrano esserci tanto alcune costruzioni teoriche quanto potenti forze disgregatrici che hanno creato grandi difficoltà soprattutto all’Unione europea: un’istituzione che – a causa dei suoi limiti costitutivi e dei numerosi contrasti interni – è parsa incapace di venirne a capo. Ecco emergere dunque, secondo l’autore, la necessità di una nuova «Entente cordiale» da stipularsi, stavolta, tra Stati Uniti e Russia: un accordo, in funzione anti cinese, che consenta di superare l’approccio unipolare e di imporre regole agli operatori attivi sul mercato internazionale dei capitali.

Si tratta, insomma, di riscoprire il fondamentale ruolo della politica, affinché i sistemi economici tornino a essere disciplinati dalle norme e gli intermediari finanziari non mirino soltanto al profitto di pochi ma perseguano anche il benessere delle comunità. Ciò implica che i tradizionali valori dell’Occidente – la democrazia, la libertà, i diritti dell’individuo – vengano riproposti, ridiscussi e si attribuisca loro tutta l’importanza che meritano.

Resta comunque un dato di fatto: il cuore della crisi mondiale si trova in Europa. Ed è lecito domandarsi, in proposito, fino a quando reggerà quel filo che tiene insieme le nazioni del Vecchio Continente impedendo così che tornino a prevalere gli egoismi dei singoli Stati. Essendo priva di una Costituzione, d’altra parte, l’Ue è sottoposta al controllo dei Trattati e risulta profondamente condizionata dai rapporti di forza esistenti tra i suoi membri. A ciò va ad aggiungersi l’azione della tecnocrazia di Bruxelles: una schiera di non eletti che tende a imporre la propria ideologia ai cittadini comunitari prevaricandone così la volontà.

L’EUROPA SEMBRA, dunque, stanca e pavida. La Cina, dal canto suo, è molto più debole di quanto non appaia, poiché il peso delle sue contraddizioni dovrebbe farsi sempre più gravoso. Intanto gli Stati Uniti di Biden hanno abbandonato l’unilateralismo a favore di un nuovo orientamento geopolitico, connotato da un maggiore coinvolgimento negli scenari mondiali che li porterà, probabilmente, a svolgervi di nuovo un ruolo da protagonisti. In questo contesto, occorre che l’Ue faccia sentire la propria voce, riattivi un’alleanza organica con gli Usa e torni a determinare la propria politica economica.

Difficile dissentire dalle conclusioni di Sapelli. Restano però le perplessità che nascono dalla sua proposta di una nuova «Entente cordiale» e, in particolare, dal contributo che dovrebbe fornirvi la Russia di Putin. Un Paese che rivendica il proprio Sonderweg alla modernizzazione potrà farsi sostenitore di quei valori ai quali si è accennato in precedenza? Quali regole sarà in grado di dettare alla finanza internazionale una cosiddetta «democratura»? Si tratta di questioni non irrilevanti che rimangono per ora aperte: i prossimi mesi inizieranno a darci, presumibilmente, qualche risposta al riguardo.